Foto AK Rockfeller (via Flickr)

Le élite hanno ucciso il patriottismo

Redazione
Il fenomeno Trump affonda le radici negli anni Cinquanta, scrive il Catholic Herald.

Sì, certo, la crisi economica, quella dei migranti, la globalizzazione che non va come previsto. Tutte ragioni valide per spiegare il motivo per cui “uno sbruffone da reality tv come Donald Trump” possa tallonare Hillary Clinton nei sondaggi relativi alle elezioni presidenziali americane del prossimo novembre. Ma c’è qualcosa di più profondo, scrive R.R. Reno, direttore dell’autorevole rivista conservatrice e cattolica americana First Things, in un lungo commento apparso sul Catholic Herald. E quel qualcosa di più profondo affonda le radici nell’evoluzione dell’analisi economica impostata cinquant’anni fa all’Università di Chicago da Gary Becker. Quest’ultimo “ha introdotto l’analisi economica dei fenomeni sociali”, arrivando ad applicare chiavi di lettura economiche a questioni “quali la discriminazione razziale e la vita familiare”.

 

Una chiave di lettura che, a giudizio di Reno, è puramente “antimetafisica” ed è quella che ha condizionato la formazione di tutte le classi dirigenti – “le élite” – che ora governano il mondo. “Alla fine, l’analisi economica ha finito per rafforzare un materialismo riduttivo” applicato in ogni campo e a ogni latitudine. Così, “il dogma antimetafisico porta a dire che se gli inglesi hanno scelto di lasciare l’Unione europea è a causa della concorrenza salariale causata dagli immigrati. O perché essi soffrono di un disturbo psicologico, la xenofobia. E’ difficile, per un membro dell’élite globale, considerare nella sua mente la possibilità che qualcuno possa nutrire una qualche solidarietà patriottica. Il dogma antimetafisico esclude tali desideri, così come esclude il desiderio di confidare in Dio”.

 

L’omogeneità del tipo di formazione che hanno gli economisti in posizione di potere oggi – Reno ricoda che questi, salvo rare eccezioni, escono tutti da cinque o sei scuole di Economia statunitensi – “ha globalizzato il neoliberismo”, con il risultato che “l’efficacia della competenza ha sostituito la leadership politica”, nella convinzione di favorire così “un futuro più prospero e giusto”. Così, questi tecnici (“i tecnocrati”) stanno portando la società in linea con le leggi dell’economia e del progresso, dando piena applicazione a tutte le legislazioni inerenti ai diritti umani, così come stabilito dagli organismi internazionali legittimi. E, ancora, stanno attuando tecniche “terapeutiche e multiculturali di gestione sociale”. La situazione è sotto gli occhi di tutti: il multiculturalismo ha fallito ovunque, la società americana è avviluppata in una crisi mai conosciuta prima d’ora, le ricette della tecnocrazia non hanno dato i frutti sperati. E la condanna, universale, è per il populismo, fenomeno indagato “usando topoi rozzi e irrisori, come il razzismo, il fascismo, la xenofobia, e così via”. Il fatto è che quello che un tempo era un “nobile sentimento”, cioè “l’impulso patriottico”, oggi è divenuto – a causa dell’élite globale addestrata nel consenso neoliberale – qualcosa di banale e maligno”.