Angela Merkel (foto LaPresse)

La Merkel ammaccata rimane vincente. Parla Lochocki (G. Marshall Fund)

Daniel Mosseri
Sotto i colpi di AfD, l’Unione Cdu-Csu perde alcuni pezzi ma non crolla. La vasta e antica popolarità di Angela Merkel funge da diga contro le incursioni populiste.

Berlino. Uno scivolone in Meclemburgo e poi un altro a Berlino. Le elezioni regionali vanno male per Angela Merkel e bene per la destra anti immigrati di Alternative für Deutschland. Eppure il calo dei cristiano-democratici (Cdu) non può essere ridotto a una reazione pavloviana alla politica di accoglienza dei profughi dettata mesi fa dalla cancelleria. Secondo Timo Lochocki, ricercatore esperto di partiti politici presso il German Marshall Fund della capitale tedesca, l’esito della doppia bocciatura è la risultante di due vettori: da un lato “gli elettori tedeschi non riescono più a distinguere bene fra socialdemocratici (Spd) e l’Unione Cdu-Csu” (cristiano-democratici di Merkel e cristiano-sociali bavaresi). Non si tratta solo di apparenze: “I partiti sono allineati anche sulle questioni economiche”, legittimando così fin nel nome Alternative für Deutschland quale unica forza anti-sistema. E’ stata soprattutto la Cdu a fare propri alcuni cavalli di battaglia dell’Spd come la pensione a 63 anni per i lavoratori con 45 anni di contributi o l’adozione di un salario minimo legale. Poi c’è la questione immigrazione “con tanti elettori che non hanno mai votato prima, trasformatisi in sostenitori di AfD”. La somma vettoriale permette al partito di Frauke Petry di presentarsi al tempo stesso come il fustigatore di una élite consociativa e come l’unico partito veramente conservatore in Germania.

 

Sotto i colpi di AfD, tuttavia, l’Unione perde alcuni pezzi ma non crolla. La vasta e antica popolarità di Angela Merkel funge da diga contro le incursioni populiste rese possibili proprio dalla nuova e settoriale impopolarità della stessa cancelliera. Nove mesi fa i sondaggi davano la Cdu al 40 per cento, l’operato di Merkel era approvato dal 70 per cento dei tedeschi, “e io non ricordo alcun governante occidentale così tanto popolare: la cancelleria era la regina d’Europa. Con quel benchmark, oggi è facile dire che Merkel è diventata un peso e che si stava meglio prima dell’arrivo dei profughi”. Allo stesso tempo i conservatori sanno benissimo che l’Spd è debole e “che se restano con Merkel, vinceranno le elezioni a ottobre del 2017”.
Una probabile riconferma al potere non cancellerà però il disallineamento fra la leader e l’Unione. “In anni recenti la Cdu voleva cacciare la Grecia dall’Eurozona e la Csu organizzava campagne contro immigrazione e multiculturalismo”. Oggi invece Atene non è tornata alla dracma e Merkel ripete che l’Islam fa parte della Germania. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: “La Cdu è spaccata in due e gli elettori dell’Unione sono molto più a destra della cancelliera”. Tant’è che parte del 50 per cento della sua attuale popolarità non arriva più dalla destra ma dal centro. Non è stato dunque il partito a scivolare al centro: è stata Merkel ad abbandonare gli elettori conservatori – ora franati verso AfD – guadagnandone però altri. Nell’arrocco l’Spd è rimasta a becco asciutto. “Adesso bisogna vedere se la cancelliera saprà riconquistare i voti perduti sul fianco destro”. La riconciliazione dopo il tradimento è però molto difficile, lascia intendere Lochocki, perché “Merkel ha rimesso in discussione un insieme di valori in cui gli elettori Cdu-Csu credevano fermamente”.

 

Fra un anno, dunque, Merkel potrebbe vincere di nuovo le elezioni dal centro, obbligando l’Spd alla terza Grosse Koalition. Ripetuto all’infinito, nella vicina Austria l’esercizio ha portato all’ascesa della destra populista dell’Fpö, oggi nettamente più affermata di AfD. Viene allora da chiedersi se anche la Germania sia indirizzata su quella via. “Le grandi coalizioni non sono sempre nocive per la democrazia ma devono rispettare due condizioni: avere una durata limitata nel tempo e riflettere la volontà degli elettori”. E l’alleanza Unione-Spd ci era riuscita, almeno fino all’esplosione della crisi dei rifugiati. “E’ anche importante che all’interno dell’arco democratico gli elettori trovino formazioni alternative da votare rispetto ai partiti della coalizione”.
Fu così dopo la prima Grosse Koalition: alle elezioni del 2009 l’Spd perse dieci punti, ma altrettanti furono redistribuiti fra gli altri partiti, liberali in testa. “Oggi l’alternativa è AfD, un partito che secondo tanti tedeschi non giova alla crescita democratica. Il problema non è innato però all’esistenza di una grande coalizione, ma dipende da come questa alleanza ha gestito alcuni temi”.
Daniel Mosseri

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