La Clinton parla di "persone non nate" e fa imbufalire le associazioni pro choice

Redazione
Hillary Clinton è maestra di sterilizzazione della parola e ripetizione senza sbavature dello “stump speech”, ma talvolta andando a braccio capita che si confonda, e qualche brandello di verità non protetta da un server privato sfugge perfino dalla sua bocca: “Le persone non nate non hanno diritti costituzionali”.

Hillary Clinton è maestra di sterilizzazione della parola e ripetizione senza sbavature dello “stump speech”, ma talvolta andando a braccio capita che si confonda, e qualche brandello di verità non protetta da un server privato sfugge perfino dalla sua bocca: “Le persone non nate non hanno diritti costituzionali”, ha detto al programma “Meet the Press”.

 

La notizia, se non fosse chiaro, non è l’assenza di diritti concessi, ma la qualifica di persona, e non può essere archiviato come un lapsus linguae perché l’architettura dell’ideologia pro choice è fondata sulla selezione accurata, maniacale delle parole giuste per ammortizzare la forza contundente dei fatti. La definizione di “persona” è il cuore dell’intera disputa, su quel termine si danno battaglia concezioni antropologiche e visioni del mondo. Non c’è niente di più temibile, agli occhi delle associazioni militanti pro choice, del concedere uno status umano a quell’inqualificato grumo di cellule. Non bisogna chiamarlo bambino o persona, e pure con feto occorre procedere con moderazione, nella speranza che con la scomparsa del nome scompaia anche la cosa.

 

Nella dialettica politica i disegni di legge per concedere la “personhood” ai bambini non ancora nati sono il marchio del mondo pro life, mentre gli avversari contrattaccano censurando ogni parola o immagine che conferisca un alone di umanità a quella cosa che cresce nel ventre di una donna. Hanno fatto perfino polemica con un ironico spot delle patatine durante il Super Bowl perché mostrava un feto desideroso di uscire per fiondarsi sul pacchetto. Era un conglomerato umano, troppo umano. Così diversi esponenti delle associazioni pro choice si sono imbufaliti per le parole di Hillary.

 

Diana Arellano di Planned Parenthood ha detto che usando certe espressioni Hillary “stigmatizza ulteriormente l’aborto”. Chiamarlo persona e poi negargli i diritti equivale addirittura a un peggiorativo rispetto alla posizione pro life, ché significa distinguere classi di persone, alcune tutelate e altre no, roba che vien voglia di votare Bernie Sanders per iniziare la lotta alle disuguaglianze già nella placenta. Per fortuna di Hillary, quando le è scappata detta la verità il New York Times era distratto.

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