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"Abbiamo un piano". Ecco cosa farà il governo se Berlino chiude Schengen

Marco Valerio Lo Prete
A Bruxelles e a Berlino c’è un “piano A” per confrontare i flussi migratori, un piano paneuropeo di rafforzamento delle frontiere esterne e di assistenza (parziale) a paesi come Italia e Grecia per la gestione dei cosiddetti “hot spots”, con la promessa di ricollocamenti di una parte di coloro che verranno riconosciuti come “rifugiati”.

Roma. A Bruxelles e a Berlino c’è un “piano A” per confrontare i flussi migratori, un piano paneuropeo di rafforzamento delle frontiere esterne e di assistenza (parziale) a paesi come Italia e Grecia per la gestione dei cosiddetti “hot spots”, con la promessa – per ora sulla carta – di ricollocamenti di una parte di coloro che verranno riconosciuti come “rifugiati”. Poi però a Berlino – ma anche a Vienna e a Stoccolma – si ragiona pure su un “piano B”: se Italia e Grecia non faranno la loro parte sull’identificazione di tutti i nuovi arrivati, e per ora a detta di Bruxelles non lo stanno facendo, allora Schengen si restringerà, cioè le frontiere di Germania, Austria e Svezia si chiuderanno. E ognuno agirà per conto suo. Con il piccolo problema, per il nostro paese, di avere confini marini impossibili da sigillare. Il “piano A” per noi è oneroso, il “piano B” è potenzialmente ancora più oneroso e un filino ricattatorio. Per questa ragione governo Renzi e Pd, da qualche giorno, sono entrati ufficialmente in fibrillazione.

 

Dal presidente del Consiglio Renzi al ministro degli Esteri Gentiloni, dal sottosegretario Gozi al capogruppo socialista al Parlamento europeo Pittella, nelle ultime 48 ore è stato un susseguirsi di dichiarazioni radicalmente contrarie a ogni ipotesi di una mini-Schengen. “I costi di una scelta così miope da parte di alcuni paesi nordici sarebbero economici, sociali e anche ideali – dice al Foglio Enrico Zanetti, viceministro dell’Economia – Anche perché Schengen è la base del tentativo di andare oltre il solo mercato comune nel continente”.

 

Zanetti, leader di Scelta civica, si vanta di essere a capo del “partito più europeista oggi in Parlamento”: “Ciò detto, quei leader che da una parte propongono un ministro delle Finanze unico per l’Eurozona e dall’altra fanno balenare ipotesi di disintegrazione dell’Europa su tutto quello che non riguarda la finanza, rafforzano l’immagine di un’Unione europea scollegata dalla realtà”. Caro ministro, è la fiducia che torna a scarseggiare. Era successo con i conti pubblici ballerini greci, poi con le riforme mancanti in Italia o quando si era diffusa l’impressione che la Banca centrale europea non fosse pronta a tutto per salvare l’euro. Adesso, semplicemente, Berlino non crede che siamo in grado di gestire le frontiere esterne. “Il nostro paese è ‘a debito’ su tanti dossier, ma sull’immigrazione siamo certamente ‘a credito’. Osservo che la Germania, prima di fare anche troppo in termini di accoglienza dei rifugiati, per mesi e anni ha abbandonato a loro stesse Italia e Grecia”. Effettivamente. Tuttavia oggi gli scenari per l’Italia sono comunque foschi, specie alla vigilia di una primavera in cui potrebbero riprendere gli sbarchi. Al Viminale rimuginano sul rischio di trasformare il sud del paese in un grande campo profughi.

 

[**Video_box_2**]“Oggi la posizione del governo Renzi è chiara. Se l’Ue ha deciso di donare risorse finanziarie a un paese extra europeo come la Turchia per cooperare sulla gestione dei confini esterni, e se l’Ue ammette che i contributi dei paesi membri alla Turchia sono scomputati dal deficit ai fini del rispetto del Patto di stabilità, come può adesso la stessa Ue negare che siano scomputate dal Patto di stabilità anche le risorse che i paesi come l’Italia hanno impegnato per la gestione delle proprie frontiere?”. Non fa una grinza, ma lo scenario del liberi tutti su Schengen rimane. “Chiudere le frontiere con l’Italia non è pensabile. E anche solo ipotizzare nostre ritorsioni sarebbe irresponsabile – conclude Zanetti – Ma se collassasse Schengen, come ha detto Renzi, non sarebbe possibile per l’Europa continuare come se nulla fosse su tutto il resto. Non potranno più valere le stesse regole di bilancio di oggi, Fiscal compact incluso. Né da Roma potranno continuare ad arrivare gli stessi contributi annuali all’Ue”.

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