Marion Le Pen (foto LaPresse)

Disfatta national. Alle Le Pen nessuna regione. La Francia preferisce Sarkozy

Mauro Zanon
Nel quadro della nuova suddivisione amministrativa, che vede la Francia composta da 13 macroregioni, cinque vanno alla gauche e sette alla destra neogollista.

Parigi. E alla fine niente. Nemmeno una regione. Nemmeno la dolce Provenza-Alpi-Costa-Azzurra, dove nei sondaggi della vigilia si parlava di “coude-à-coude” tra la giovane Marion Maréchal-Le Pen e il candidato dei Républicains, Christian Estrosi, e dove invece il sindaco di Nizza e volto muscolare del sarkozysmo si è imposto con un vantaggio di più di sei punti percentuali (53,8 per cento contro 46, 2). Peggio ancora è andata a Marine Le Pen (42,8 per cento), in ritardo di quasi quindici punti rispetto al neogollista Xavier Bertrand (57,2 per cento), che ha salutato il risultato ottenuto nel Nord-Passo-di-Calais-Piccardia come “la vittoria della gente del Nord, degli uomini e delle donne di Piccardia”. “Qui i francesi hanno dato una lezione di rassemblement, di coraggio e di onore ai dirigenti politici. La storia ricorderà che qui abbiamo stoppato la progressione il Front national”, ha aggiunto Bertrand con toni trionfalistici.

 

In Alsazia-Champagne-Ardenne-Lorena il vicepresidente del Fn, Florian Philippot, non è riuscito ad approfittare della maretta dell’entre-deux-tours tra Solférino e il candidato dissidente Jean-Pierre Masseret, facendosi staccare di più di dieci punti dal neogollista Philippe Richert (48,4 per cento per il candidato LR-Udi-Modem contro 36,1 raccolto del frontista); in Borgogna-Franche-Comté l’outsider frontista Sophie Montel non ha creato la sorpresa come molti sondaggisti prevedevano fino a domenica mattina, arrivando comunque seconda staccata di appena 2,3 punti percentuali dalla socialista Marie-Guite Dufay (vincitrice con il 34,7); per il resto il canovaccio è stato rispettato (qui il Monde dà una panoramica completa, regione per regione), tranne nell’Île-de-France, la regione di Parigi, dove si registra il risultato più importante della serata: la vittoria di Valérie Pécresse, candidata dei Républicains, ai danni di Claude Bartolone, capofila dell’ammucchiata goscista Ps-Pcf-Fdg-Eelv. La settimana che ha preceduto il secondo turno è stata particolarmente pepata tra i due candidati alla guida della regione più importante di Francia. Bartolone, all’Obs, aveva accusato la Pécresse di “usare le stesse parole del Front national” e di essere la paladina di “Versailles, Neuilly e della razza bianca”. Un’uscita che giudicare imprudente è poco e che per molti osservatori è costata a “Bartò” la regione. E pensare che volevano rendere l’Île-de-France “la fucina della nuova sinistra, che mantiene i suoi impegni e non ha paura della sua ombra”, secondo le dichiarazioni altisonanti di Emmanuel Cosse, leader ecologista. Era decisamente meglio non parlare con questi toni pomposi, abitudine che il leader del Front de Gauche, Jean-Luc Mélenchon, sembrava non avere ancora smarrito ieri sera, farneticando sulla nascita “necessaria” di un non meglio precisato “Fronte popolare”.  Il Figaro parla a ragione di “successo capitale” di Valérie Pécresse e il Parisien spara questa mattina in prima pagina il volto della neogollista accanto alla percentuale vincente, 43,9: “La destra strappa l’Île-de-France”, è il titolo.

 

La sconfitta della sinistra arc-en-ciel che il presidente dell’Assemblea nazionale aveva cercato di radunare con molta fatica e improvvisazione (c’è un’immagine emblematica, facilmente rintracciabile su internet, che mostra i capataz della sinistra francilienne con il pugno alzato, ma tutti con pose differenti e alcuni con il braccio destro e non quello sinistro alzato), ha creato ieri un ambiente tetro a rue de Solférino, sede del Partito socialista, da dove il segretario nazionale, Jean-Cristophe Cambadélis, si è espresso in questi termini: “Mi rivolgo al governo.; non possiamo più continuare così, dobbiamo agire. Mi rivolgo alla gauche: non possiamo più continuare così, dobbiamo ritrovare il cammino dell’unione. Insieme, abbiamo fatto blocco con successo al secondo turno. Non fermiamoci qui (…) Domani, presenterò al comitato centrale del Ps delle proposte in tal senso”.

 

[**Video_box_2**]In serata, nel corso del suo intervento su France 2, Julien Dray, pezzo grosso del Ps e fondatore di Sos Racisme, ha invocato un cambio di nome per il suo partito, riprendendo la proposta forumata lo scorso anno dal primo ministro, Manuel Valls. E alcuni dicono che il tema potrebbe essere affrontato già durante la riunione del comitato centrale Ps di questa mattina.

 

Nel quadro della nuova suddivisione amministrativa, che vede la Francia composta da 13 macroregioni, cinque vanno dunque alla gauche (Bretagna, Aquitania-Limosino-Poitou-Charentes, Linguadoca-Rossiglione-Midi-Pirenei, Centro-Valle della Loira e Borgogna-Franca Contea), e sette alla destra neogollista (Paesi della Loita, Alvernia-Rodano-Alpi, Alsazia-Champagne-Ardenne-Lorena, Nord-Passo di Calais-Piccardia, Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Île-de-France e Normandia).

 

Sarkozy, dopo aver dichiarato che “l’unità nel partito, l’unione con il centro e il rifiuto di ogni compromesso con l’estrema destra hanno permesso questo risultato”, è volato subito al Parc des Princes per vedersi il suo Paris Saint-Germain. Marine Le Pen e Florian Philippot hanno lanciato il grande tema di campagna,  dichiarando all’unisono che il clivage-gauche droite è finito, e che ora la vera divisione è tra “mondialisti” e “patrioti”. Mentre sullo sfondo si staglia il “Parti de la Nation”.