Un gruppo di combattenti talebani (foto LaPresse)

La guerra fratricida tra i talebani

Redazione
Più di 80 morti nel sud dell’Afghanistan. Lo Stato islamico avanza

Negli ultimi tre giorni nella provincia di Zabul, roccaforte dei talebani nel sud dell’Afghanistan, ci sono stati almeno ottanta morti, in quella che i media internazionali definiscono la guerra fratricida tra talebani. Sono due le fazioni principali che si stanno combattendo: una fa capo all’erede del mullah Omar, Mullah Akhtar Mansour, che è stato nominato quando è stata resa nota la morte di Omar (che però sarebbe morto due anni fa) ma è sempre stato piuttosto controverso, perché non sarebbe popolare tra tutti i combattenti, e l’altra fa capo a Mullah Mohammad Rasool Akhund, che si è autoproclamato leader da poco e raccoglie attorno a sé anche i miliziani dello Stato islamico, accorsi in aiuto dalla Siria e dall’Iraq, oltre a circa 400 uzbeki che già combattevano nel paese, e che sono affiliati allo Stato islamico in Afghanistan.

 

Gli scontri vanno avanti da giorni, ma nel fine settimana ci sono stati parecchi regolamenti di conti, con miliziani impiccati e almeno tre hazara sgozzati (le minoranze sono sempre le prime a essere colpite). Dal campo di Mansour emergono voci preoccupate: volevano dividerci, e ce l’hanno fatta. Ma la guerra intestina segnala anche fenomeni preoccupanti per l’occidente: lo Stato islamico si sta appropriando di cause che finora gli erano più o meno estranee ed esporta combattenti con una facilità allarmante. Il negoziato in corso con i talebani, gestito dal governo di Kabul con il tacito consenso di Washington, rischia un nuovo stallo, prolungando una missione internazionale che ha già perso slancio da tempo ma che ora sta perdendo anche i suoi obiettivi. 

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