Una manifestazione anti-Ue a Varsavia organizzata dal partito di Kaczynski (foto LaPresse)

Chi teme gli antieuropeisti polacchi

Redazione
Il ritorno di Kaczynski è un problema per Varsavia più che per l’Ue

Lungi dal rappresentare una grave minaccia per l’Unione europea, la vittoria del partito anti europeista Diritto e Giustizia alle elezioni di domenica è soprattutto un problema per la Polonia. L’Europa è già sopravvissuta una volta a Jaroslaw Kaczynski, il gran burattinaio della prossima premier Beata Szydlo, che è riuscita a cacciare i liberali di Piattaforma civica dopo 10 anni al potere. Affiancato alla presidenza dal gemello Lech, morto in un incidente aereo in Russia nel 2010, Kaczynski era stato primo ministro nel 2006-2007, provocando qualche fastidio all’Ue sulla lotta al cambiamento climatico e poco più. Troppo impopolare in patria, questa volta Kaczynski ha abilmente piazzato due volti più moderati ai vertici del paese: Andrzej Duda come presidente e Beata Szydlo alla testa del futuro governo. Ora la Polonia farà la voce grossa su rifugiati e sovranità.

 

Una distensione con la Russia sarà più difficile. Ma, al di là di qualche complicazione, l’Ue continuerà a funzionare. Più che l’ondata dei populisti da est, è la mareggiata di migranti da sud che rischia di portarsi via il progetto europeo. Il vero pericolo di Kaczynski & co. è una retromarcia sulla modernizzazione economica realizzata da Piattaforma civica. Se la Polonia è stato l’unico paese europeo a non aver subìto recessioni malgrado la crisi finanziaria, lo deve all’ex premier Donald Tusk, che era riuscito a liberalizzare l’economia, attrarre investitori privati e tenere i conti sotto controllo. Il programma di Szydlo – riduzione dell’età pensionabile, sussidi sociali a pioggia e più stato nell’economia – rischia di compromettere i successi della Polonia e lo status europeo che ne è derivato. E dimostra che le differenze tra il populismo stile Syriza e quello alla Kaczynski sono solo sottigliezze.

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