Il generale Michael Hayden, ex capo della Cia e dell'Nsa

Non si fa la cyberguerra con i guanti di velluto, dice l'ex capo della Cia

Eugenio Cau
Michael Hayden, ex capo della Cia e dell'Nsa, ha detto che gli attacchi hacker cinesi hanno colpito "obiettivi di intelligence legittimi": tutte le ipocrisie dell'Amministrazione Obama

L’attacco hacker sferrato dalla Cina contro l’Office of Personnel Management del governo americano, annunciato dalla Casa Bianca lo scorso 4 giugno e definito uno dei più dannosi di sempre, è un “onesto lavoro di spionaggio”. Non l’ha detto un lacchè del Partito comunista cinese, né un analista militare particolarmente cinico, ma il generale Michael Hayden, ex capo dell’Nsa, l’Agenzia per la sicurezza nazionale americana, e in seguito della Cia. Hayden è ormai in pensione, non è più attivo nell’Amministrazione, ma è ancora una figura di altissimo livello, influente, e sulla cyberguerra questa settimana, durante una conferenza organizzata dal Wall Street Journal, ha attaccato con durezza l’atteggiamento della presidenza Obama.

 

L’attacco cinese (proviene dalla Cina, ma non è accertato che l’autore sia il governo cinese) ha provocato il furto dei dati personali di milioni di dipendenti del governo. Se in mano del governo cinese, i dati potrebbero essere usati in maniera strategica per individuare o reclutare spie, ed è questa una delle ragioni che rende l’attacco così spaventoso. L’Amministrazione ha condannato l’atto di cyberspionaggio, alcuni suoi membri lo hanno definito “inaccettabile” e hanno chiesto agli autori di fermarsi. Hayden, però, è di altro avviso.

 

Il fatto è che non si può considerare gli atti di cyberguerra come una semplice violazione criminale, e non è con le ramanzine e il moralismo che si risolve il problema. Lo spionaggio, digitale o meno, non è una questione di buone maniere, né di accordi bilaterali siglati davanti ai flash dei fotografi, e Hayden, uomo di guerra e di spie, lo sa bene quando dice che i dati personali rubati erano un “obiettivo di intelligence legittimo”: “Per ottenere lo stesso tipo di dati del sistema cinese, io non ci avrei pensato due volte. Non avrei chiesto il permesso… Quello che è successo non deve essere giudicato come un ‘vergogna sulla Cina’, ma ‘vergogna su di noi’, perché non siamo riusciti a proteggere quel tipo di informazioni”.

 

[**Video_box_2**]Nessun membro dell’Amministrazione Obama si sognerebbe di parlare così, nessuno ammetterebbe che darebbe un rene per violare i sistemi cinesi alla stessa maniera in cui sono stati violati quelli americani. Dall’Amministrazione, le uniche parole d’ordine sono condanna e conciliazione, il contrattacco non fa parte del vocabolario obamiano. Ma fare la cyberguerra in questo modo, con i guanti di velluto sulle mani, significa ricevere solo colpi sui denti dagli avversari più agguerriti. Hayden lo sa, lo sa chiunque si occupi di security, Obama abbandoni le ipocrisie.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.