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Editoriali

Maria Kalesnikava e la repressione putiniana del regime di Minsk

Redazione

Lukashenka ha costruito una macchina repressiva fatta di carceri, torture, persone scomparse, condanne lunghissime a giovani manifestanti. Ora l’attivista bielorussa condannata a undici anni di carcere è in ospedale

Nel settembre del 2021, quando un tribunale bielorusso l’aveva condannata a undici anni di carcere per cospirazione contro il regime, Maria Kalesnikava aveva unito le mani (con le manette) a formare il cuore che l’ha resa uno dei volti più conosciuti della resistenza bielorussa. Capelli corti chiarissimi, rossetto rosso, il cuore, il flauto, il passaporto strappato, la Kalesnikava ha combattuto perseverante contro Lukashenka fin da quando – nell’estate del 2020 – lui si è dichiarato vincitore senza permettere che venisse terminato lo spoglio e ha cominciato a eliminare, arrestare e reprimere. Ieri l’avvocato della Kalesnikava ha fatto sapere che lei è ricoverata in ospedale: è stata portata lunedì prima in chirurgia e poi trasferita in terapia intensiva. L’avvocato non ha avuto il permesso di vedere la sua assistita nella colonia penale in cui è rinchiusa per la terza volta di fila perché, gli hanno riferito, lei non aveva niente da dirgli. La Kalesnikava era in isolamento, non si sa da quanto tempo e nessuno alla colonia ha confermato il ricovero in ospedale. Soltanto l’ospedale ha detto che era lì, senza chiarire le ragioni dell’emergenza. 

Oggi conosciamo Lukashenka come il migliore e più solerte alleato di Vladimir Putin contro l’Ucraina: ai russi offre armi e la via d’accesso dal nord per aggredire gli ucraini. Ma prima di spendersi a favore del Cremlino all’estero, Lukashenka ha costruito una macchina repressiva fatta di carceri, torture, confessioni forzate, volti pesti, persone scomparse, condanne lunghissime a giovani manifestanti – e poi anche, quando ce n’è stata la possibilità, gli autobus di migranti spediti nei boschi al confine con la Polonia, per mettere in difficoltà i vicini e l’Europa. La prima resistenza a un regime ex sovietico putiniano è proprio quella bielorussa, colpevolmente ignorata dall’occidente, che ha ostentato grande indignazione verso le malefatte repressive di Lukashenka ma non ha mai davvero compreso quanto grande fosse la sua minaccia.

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