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L'analisi

La Bce spiega perché i pericoli per il 2026 vengono dall'America

Davide Mattone

La Bce avverte: boom AI, dazi e dollaro volatile possono trasformare un singolo choc Usa in perdite per i risparmiatori, gli stati e le banche dell'area euro

La Bce sembra il gatto di Schrödinger: rassicurante e allarmata. Nella stessa Financial stability review pubblicata ieri Francoforte parla alle banche, alle non banche, ai governi in affanno sul deficit, e offre spunti perfino al risparmiatore europeo che fatica a trovare una bussola. Il fil rouge è l’incertezza (per il mercato, gli investitori e le imprese) a causa degli sviluppi geoeconomici, e per l’impatto dei dazi sull’economia europea, che Francoforte dice deve ancora materializzarsi. Bisogna quindi presumere che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti parlasse con la sfera di cristallo in mano quando, in un’intervista al Corriere del 10 novembre, sosteneva che i dazi sembrano aver creato meno problemi del previsto.

Il cuore della stability review non è esclusivamente la stabilità finanziaria europea, ma anche la sicurezza dei risparmi europei. La Bce osserva che i prezzi di molti titoli sono già alti rispetto ai fondamentali, e che una fetta sempre più grande del valore in Borsa è nelle mani di pochi colossi, in particolare negli Usa, dove i grandi gruppi legati all’AI pesano sempre di più sugli indici. Per questo la Bce, accodandosi al Fmi e Bank of England, evidenzia il rischio che il boom dell’AI si traduca in una correzione improvvisa dei listini, con forti ripercussioni sulle “non banche” (fondi di investimento, fondi pensione, assicurazioni) che canalizzano gran parte dell’esposizione europea verso gli Stati Uniti.

Gli investitori dell’eurozona detengono circa 12 mila miliardi di euro in azioni o titoli all’estero, e circa la metà sono titoli denominati in dollari. I fondi di investimento hanno circa il 75 per cento delle azioni Usa in mano agli investitori dell’area euro e quasi la metà dei Treasury. La quota di azioni in dollari è alta per tutti, intorno al 50-60 per cento per i fondi pensione e di investimento, e oltre il 20 per le assicurazioni.

Nel quadro generale la Bce continua a dire che le banche dell’area euro sono solide, con capitale e liquidità abbondanti. Ma aggiunge che i legami con le non banche e con il mercato dei dollari rendono l’insieme più esposto. Uno “stress test” lo ha fornito Trump con l’annuncio dei dazi, che ha innescato una fase di fuga dal rischio. Il Vix, l’indice che misura la volatilità attesa sull’azionario americano e che viene usato come termometro della paura dei mercati, è salito a livelli superati solo nella grande crisi finanziaria e durante il Covid. Nello stesso periodo il dollaro si è indebolito e i rendimenti dei Treasury sono balzati in alto: il contrario di quello che di solito accade quando gli investitori cercano rifugio. Per un risparmiatore europeo esposto agli Stati Uniti la combinazione è stata velenosa. La Bce calcola che l’indice dei Treasury in termini di euro abbia perso circa 5 punti percentuali, perché al rialzo dei tassi si è sommata la svalutazione del dollaro. Le correlazioni tra valute, obbligazioni e azioni che per vent’anni hanno retto i modelli di rischio si sono mosse in modo diverso dal solito. E così i portafogli che sembravano diversificati rischiano di essere tutti esposti allo stesso shock.

Se fondi, pensioni e assicurazioni dovessero ridurre in fretta le posizioni in asset Usa, il colpo arriverebbe anche al finanziamento dei governi europei e al canale del credito. Per ora le nuove emissioni di bond vengono ancora assorbite, ma Francoforte nota che la domanda di obbligazioni a lunga scadenza sta diminuendo perché sta cambiando il comportamento degli investitori. Questi comprano e vendono più frequentemente, creando più volatilità nelle quotazioni, e preferiscono scadenze brevi perchè non vogliono “bloccarsi” in un contesto di incertezza e in un mercato che può ribaltarsi a causa di un tweet di Trump. Per questo la banca centrale avverte che la “debolezza dei fondamentali di bilancio di alcuni paesi”( per il 2025 e il 2026 Francia e Belgio viaggiano con deficit di circa il 5 per cento, Roma al 3) li rende vulnerabili a improvvisi cambiamenti del sentiment del mercato.

Il messaggio di fondo è politico prima ancora che tecnico. Non è scritto da nessuna parte che l’America debba smettere di essere un porto sicuro. La vera questione per l’Europa è cosa significa avere una quota così grande del proprio risparmio legata all’umore dei mercati Usa. La risposta che la Bce suggerisce è quella di accelerare davvero l’Unione dei mercati dei capitali e dell’investimento, riducendo così la dipendenza da un unico rifugio lontano, americano, e molto suscettibile.