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il caso
Meloni ha aggirato il Mimit per chiudere in anticipo Transizione 5.0, all'insaputa di Urso. Comicità e dati
Senza preavviso, il ministero delle Imprese ferma il piano da 6,3 miliardi previsto dal Pnrr per "esaurimento delle risorse disponibili". Ma il ministro, che aveva appena lodato il programma e ne prevedeva la piena attuazione entro fine anno, sembra non sapere nulla del taglio approvato dal governo più di un mese fa. Imprese spiazzate
Stop alle telefonate! Con un decreto direttoriale, senza alcun preavviso, il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha bloccato da un giorno all’altro Transizione 5.0: “Esaurimento delle risorse disponibili”, è la motivazione. La motivazione è surreale, perché la caratteristica di questo piano di incentivi era che non funzionava: l’unica cosa certa era che non sarebbero mai state utilizzate tutte le risorse stanziate nel Pnrr – pari a circa 6,3 miliardi – entro la scadenza del 31 dicembre 2025, a causa degli ostacoli burocratici che la misura ha incontrato. Ora, improvvisamente, il Mimit dice che i fondi sono finiti perché la proposta italiana di rimodulazione del Pnrr prevede una riduzione dello stanziamento per Transizione 5.0 a 2,5 miliardi. E’ una notizia che ha stupito le imprese, e molto probabilmente anche il ministro delle Imprese Adolfo Urso che non sembrava minimamente a conoscenza di questo dettaglio.
Il 9 ottobre, un mese fa, durante un question time al Senato, in risposta alle osservazioni critiche del sen. Carlo Calenda, Urso aveva elogiato l’efficacia di Transizione 5.0 che finalmente aveva iniziato a funzionare “con un ritmo di 370 milioni al mese”: “In 15 mesi il programma Transizione 5.0 a fine anno si concluderà e supereremo la soglia dei 3 miliardi di euro”, assicurava Urso. Ciò vuol dire che, trenta giorni fa, il ministro delle Imprese presumeva che la misura sarebbe arrivata alla sua naturale scadenza del 31 dicembre e prevedeva che sarebbero stati erogati oltre 3 miliardi di euro di fondi. Adesso si scopre che l’incentivo è già terminato, con un paio di mesi d’anticipo, e che la spesa viene bloccata a 2,5 miliardi di euro perché questo è il limite che prevede la proposta di rimodulazione del Pnrr che il governo ha inviato a Bruxelles. Il problema è che la proposta di revisione del Pnrr era stata approvata dalla Cabina di regia a Palazzo Chigi, presieduta dalla premier Giorgia Meloni e con la partecipazione dei ministri competenti tra cui ovviamente Urso, il 26 settembre. Cioè due settimane prima dell’intervento al Senato di Urso che, quindi, rispondendo a Calenda avrebbe già dovuto sapere che il nuovo tetto alla spesa per Transizione 5.0 proposto dal governo era di 2,5 miliardi. E che, pertanto, mai si sarebbero raggiunti i 3 miliardi a fine anno. Urso avrebbe dovuto avvisare le imprese che il tetto sarebbe stato raggiunto presto e, quindi la misura chiusa in anticipo.
Il ministro, invece, appariva del tutto inconsapevole di cosa prevedesse la rimodulazione del Pnrr che lui stesso aveva approvato. E questa condizione è durata a lungo. Tre giorni fa, mercoledì 5 novembre, in un’intervista al Gazzettino, il ministro rispondeva alle critiche delle imprese: “A fine ottobre la Transizione 5.0 ha raggiunto i 2,7 miliardi di crediti prenotati. E’ un risultato significativo, ottenuto in appena 14 mesi e nonostante le difficoltà iniziali che ne hanno rallentato l’adozione”. Quindi già da una settimana il tetto di spesa (non) previsto dal governo era stato superato ma il ministro Urso non lo sapeva. Non sapeva, cioè, dell’esistenza di questo limite. Anzi, invitava le imprese a proseguire con le richieste dell’incentivo: “E’ la conferma che adesso le imprese hanno colto pienamente la logica della misura”. Il giorno dopo l’intervista del ministro, il 6 novembre, il direttore generale del suo ministero firma lo stop di Transizione 5.0: “Con decreto direttoriale pubblicato in data odierna, il Mimit comunica l’esaurimento delle risorse disponibili”. E’ stato sfondato il tetto che non c’era. In ogni caso, dice il Mimit, le imprese possono comunque continuare a presentare la domanda fino al 31 dicembre: otterranno una “ricevuta di indisponibilità delle risorse”, ma potranno rientrare in gioco – in ordine cronologico – in caso di rinuncia totale o parziale delle domande ammesse. Ora, con la prossima legge di Bilancio, si torna al sistema di incentivazione di Industria 4.0, come chiesto dalle imprese. Transizione 5.0 viene archiviata, ma nel peggiore dei modi: un incentivo che non ha funzionato per un anno e che viene chiuso senza preavviso appena ha iniziato a funzionare. Tutto il contrario delle caratteristiche che dovrebbe avere un incentivo per stimolare gli investimenti: semplicità, stabilità, prevedibilità. “Da imprenditori abituati alla programmazione ci sfugge il senso di interventi a posteriori che bloccano fondi già attesi e pratiche in perfezionamento – ha commentato la presidente di Confindustria Vicenza Barbara Beltrame Giacomello –. Ciò che davvero manca è un metodo, una condivisione delle scelte entro orizzonti temporali chiari, senza improvvisazioni”. “Speriamo di poter finanziare anche questi ulteriori progetti con altre risorse che stiamo cercando di recuperare – ha detto Urso riferendosi alle domande escluse –. Transizione 5.0 negli ultimi mesi ha avuto un’accelerazione nelle domande a dimostrazione che lo strumento era particolarmente incentivante e performante”.