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Il Dato
Ci sono ancora pochi taxi in Italia
A due anni dal decreto Asset del ministro Urso le nuove licenze a Roma, Napoli, Milano e Bologna sono poche. Nessuna delle grande città ha sfruttato il tetto massimo dell'aumento del 20 per cento delle licenze già in vigore
La Corte costituzionale alla fine ha dato ragione alla regione Calabria e al suo presidente Roberto Occhiuto (FI), accogliendo il ricorso contro il decreto sugli Ncc promosso dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini (Lega). Per la Consulta la materia è di competenza regionale e lo stato aveva imposto regole sproporzionate a favore dei taxi. “Una sacrosanta battaglia liberale”, ha detto il governatore. “Per fortuna ci ha pensato Occhiuto: in materia di concorrenza il governo è riuscito a prendersi a pugni da solo” dice al Foglio Matteo Hallissey, presidente di +Europa.
La crisi del trasporto urbano però persiste e i cittadini protestano per i tempi d’attesa sempre più lunghi. “Il numero di licenze è insufficiente perché la domanda è molto elevata e l’offerta di mobilità non di linea non è adeguata” sintetizza al Foglio Andrea Giuricin, economista dell’Università Milano.Bicocca. Il decreto Asset del 2023, promosso dal ministro delle Imprese Adolfo Urso, mirava ad aumentare la flotta dei taxi, autorizzando i comuni a bandire concorsi straordinari fino al 20 per cento in più delle licenze già emesse. Il compromesso politico, però, è stato l’assegnazione ai tassisti del 100 per cento dei proventi (la legge Bersani del 2006 impone un minimo dell’80 per cento): per il sindaco di Roma Roberto Gualtieri il decreto era “fatto male e inutilizzabile”.
“Nel decreto Asset non c’è nulla di strutturale, è stata la solita tappa temporanea”, commenta Hallissey. “Non esiste una ricetta magica per il numero di licenze necessarie, ma facendo un paragone con gli altri paesi – Madrid ha 16 mila taxi più 9 mila Ncc (Uber, Bolt) – il nostro servizio è totalmente inadeguato, perché la legge sul settore è del ‘92 e non è mai stata riformata in maniera complessiva.” E’ d’accordo anche Giuricin: “In Lombardia, 10 milioni di abitanti e poco più di 6 mila licenze e circa 1.000 Ncc. Nella regione di Parigi, con 8,2 milioni di abitanti, 19 mila taxi e quasi 40 mila Ncc”. Nel 2024 l’Agcm, senza fornire un numero preciso , aveva espresso chiaramente la necessità di aumentare il numero delle emissioni e la flessibilità dei turni. L’Antitrust aveva esortato ad adeguare le licenze alla domanda persino “spingendo l’aumento oltre il tetto del 20 per cento fissato in via straordinaria nel decreto Asset”.
Ma cosa è successo in questi due anni nelle grandi città italiane? Prendiamo i casi di Roma, Milano, Bologna e Napoli. Nel 2024 la capitale “vantava” circa 7.800 licenze taxi. Il Campidoglio ha poi messo a bando 1.000 autorizzazioni. Gli idonei sono circa 2 mila, e oggi risultano consegnati 830 titoli, con le prime pec partite per coprire i 170 rimasti scoperti. Gli introiti, seguendo lo schema Bersani del 2006 e non quello di Urso, hanno permesso al comune di accantonare 14 milioni di euro per il miglioramento del servizio. Nota a margine: ai tassisti di Roma vanno 60 milioni, circa 5 mila euro a testa, un’iniezione significativa, considerando che il reddito medio dichiarato da un tassista romano è di circa 16 mila euro.
Milano, circa 5 mila licenze nel 2024, è rimasta impantanata nei dettagli tecnici: la burocrazia regionale e quella comunale si sono rimpallate accuse senza arrivare al dunque. Milano aveva richiesto 1.000 nuove licenze, scegliendo le modalità del decreto Asset. L’ultimo bando prevede l’emissione di 450 nuove licenze: 300 ordinarie e 150 speciali. A metà settembre, però, ne risultano attivate appena 269. Tra i tanti problemi ne emerge uno su tutti: le auto idonee al trasporto per disabili. I furgoni con pedana bassa (in accordo con il bando milanese) non esistono in versione elettrica, costano troppo o richiedono tempi d’attesa infiniti. Le versioni diesel e benzina, d’altro canto, rischiano di violare i limiti di emissione fissati dallo stesso decreto Asset.
Bologna è la città del celebre tassista rivoluzionario “Red Sox”, colui che pubblica su X i suoi ricavi. Nel capoluogo emiliano sono state messe a bando 72 licenze a fronte di poco più di 700 taxi in attività. 68 gli idonei, ma sono state rilasciate solo 42 le licenze di cui 4 per veicoli speciali. Per dare respiro è stata concessa una proroga di quattro mesi. Una gestione da formica, passo dopo passo. Il 20 per cento, dunque, nemmeno qui è stato raggiunto.
Infine c’è Napoli, dove tutto è rimasto immobile: poco più di 2.300 licenze. Nessun nuovo titolo nel 2025, ma solo modifiche ai turni e un pacchetto di misure allo studio per migliorare il servizio. “Tutto fermo, nessuna ulteriore info”, conferma l’ufficio stampa del comune.
L’apertura promessa dal decreto Asset, dopo oltre due anni, procede al rallentatore, mentre qualcuno è ancora fermo al via.
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