L'Analisi

La verità sulla politica fiscale redistributiva di Meloni e Giorgetti

Luciano Capone

La manovra aiuta i redditi medio-alti, dice l'Istat. Ma il film della legislatura mostra una storia diversa: nel complesso, il governo ha restituito tutto il fiscal drag e favorito i redditi medio-bassi

Ci sono due modi per descrivere la politica fiscale del governo Meloni: guardare la foto dell’ultima manovra oppure  il film dell’intera legislatura. Le audizioni  in corso  consentono di fare entrambe le cose. Si può dire, come fa l’Istat, che la riforma dell’Irpef prevista da questa legge di Bilancio  avvantaggi i redditi medio-alti: con il taglio della seconda aliquota dal 35 al 33 per cento, tra 28 e 50 mila euro di reddito, “l’85 per cento delle risorse – quasi 3 miliardi di euro – è destinato alle famiglie dei quinti più ricchi della distribuzione”. Vuol dire che quasi tutto lo stanziamento va al 40 per cento della popolazione con redditi più elevati, cioè sopra i 26 mila euro, considerando che la soglia del 20 per cento “più ricco” è pari a  35 mila euro. Questa è la foto, di cui i media parlano. Ma se si guarda tutto il film, la storia fiscale che emerge è molto diversa, se non opposta. 


L’elemento fondamentale da considerare è il cosiddetto fiscal drag. Dopo il 2021 l’economia italiana è stata attraversata da una fiammata inflazionistica. L’aumento generalizzato dei prezzi, in un sistema impositivo progressivo (come l’Irpef), produce un incremento automatico dell’aliquota media: a parità di reddito reale i contribuenti pagano più tasse e il governo, senza fare nulla, incassa più gettito. Questo fenomeno si chiama drenaggio fiscale e in Italia è stato di circa 25 miliardi di euro. E’ la somma che, secondo le denunce del segretario della Cgil Maurizio Landini, il governo deve “restituire” ai lavoratori. Ma nello stesso arco temporale il governo non ha lasciato immutato il sistema fiscale, ha introdotto una serie di misure per attenuare l’impatto dell’inflazione: le più rilevanti sono state il taglio del secondo scaglione Irpef e la decontribuzione per i lavoratori (poi inglobata come detrazione più bonus nell’imposta sui redditi).

Quanto è quindi la differenza tra dare e avere? Tra quanto il governo ha preso con il fiscal drag e restituito con sgravi fiscali? A questa domanda ha risposto, sempre oggi in audizione, la Banca d’Italia: “Si può stimare che gli interventi disposti nel periodo 2022-25 abbiano più che compensato l’impatto negativo esercitato sui redditi delle famiglie dal drenaggio fiscale e dall’erosione dei trasferimenti”. Insomma, nel complesso il governo ha dato ai lavoratori più di quanto abbia loro sottratto con il fiscal drag. Ma non basta, perché i contribuenti che hanno pagato non sono gli stessi che hanno ricevuto: gli interventi fiscali del governo non hanno neutralizzato il fiscal drag, ma hanno redistribuito il suo gettito. In che senso? Risponde la Banca d’Italia: “La differenza tra l’effetto delle misure di sostegno (rivolte principalmente ai redditi medio-bassi) e quelle del drenaggio fiscale e dell’erosione dei trasferimenti (che hanno inciso in modo più uniforme) è maggiore per i primi quattro quinti della distribuzione del reddito”. Ciò vuol dire che il 20 per cento più alto della distribuzione dei redditi è stato finora penalizzato: ha pagato attraverso il fiscal drag i benefici ottenuti dal resto della popolazione più povero.


Se ci si fa caso, questo quinto dei contribuenti è esattamente quello evocato dall’Istat all’inizio di questo articolo: il 20 per cento più ricco della popolazione (esclusi i redditi oltre i 200 mila euro, che subiscono un taglio di pari valore delle detrazioni) beneficerà in gran parte del taglio dell’aliquota Irpef dal 35 al 33 per cento. In sostanza, in questa legge di Bilancio il governo Meloni restituisce un pezzo di fiscal drag a quei contribuenti che finora sono stati penalizzati. E non si tratta di miliardari: il taglio dell’Irpef riguarderà 13,5 milioni di contribuenti da 28 mila euro in su, con il beneficio massimo pari a 440 euro annui che spetterà ai redditi a partire da 50 mila euro lordi (esclusi i redditi sopra 200 mila euro). Se oltre al taglio dell’Irpef si considerano gli altri interventi sociali presenti nella manovra, “non emergono variazioni significative della disuguaglianza nella distribuzione del reddito disponibile equivalente tra le famiglie”, dice la Banca d’Italia. Secondo l’Istat, “per tutte le classi di reddito il beneficio comporta una variazione inferiore all’1 per cento sul reddito familiare”.


Ma quindi, cos’è successo negli ultimi anni al fisco italiano? Sono stati avvantaggiati i ricchi o i poveri? A questa domanda ha risposto, sempre oggi in audizione parlamentare, l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) che ha analizzato gli effetti del fiscal drag e di tutti gli interventi fiscali nel periodo 2021-26, inclusa quindi questa manovra. Gli interventi degli ultimi anni, dice l’Upb hanno prodotto benefici per i lavoratori “prevalentemente concentrati nelle fasce di reddito basse e medie, con un’incidenza sul reddito che supera i 6 punti percentuali per i redditi più bassi”. La legge di Bilancio di quest’anno, invece, si concentra “sulle fasce medio-alte” ma “il profilo complessivo rimane caratterizzato da riduzioni significativamente più elevate nelle fasce basse e medie”. 


In sostanza, sostiene l’Upb nella sua analisi, anche considerando l’ultima foto, il film della legislatura mostra che la politica economica del ministro Giorgetti ha reso l’Irpef più redistributiva e progressiva di prima. C’è però una fascia di reddito che risulta penalizzata: i contribuenti tra 32 e 45 mila euro pagano un’aliquota più alta rispetto a prima. E’ il ceto medio che beneficia di questo taglio dell’Irpef, ma non abbastanza rispetto alle tasse in più che ha pagato e continua a pagare.
 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali