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tra il dire e il fare

Altro che semplificazione, il problema in Europa è l'opacità delle norme

Lorenzo Bini Smaghi

Il risultato di questo sistema normativo decentrato è quello di ostacolare l’integrazione del mercato finanziario europeo, contrariamente all’obiettivo sbandierato ogni giorno dalla Bce e dalla Commissione europea. La soluzione evidente è quella di uniformare la decisione a livello europeo

La parola d’ordine per accelerare l’integrazione del mercato finanziario europeo è diventata “semplificazione”, che non vuol dire deregolamentazione. In realtà, il vero problema in Europa è la mancanza di chiarezza delle norme, che lascia ampia discrezionalità a interpretazioni diverse nei vari paesi e a livello europeo. Prendiamo l’esempio della regolamentazione bancaria che consente alle autorità nazionali di vigilanza nazionali di imporre alle banche del loro paese un cuscinetto aggiuntivo di capitale, rispetto alla soglia decisa a livello europeo.

 

L’imposizione di tale cuscinetto può essere utile per evitare comportamenti eccessivamente pro ciclici da parte delle banche. In effetti, le banche tendono a erogare troppo credito nelle fasi favorevoli del ciclo economico, il che può surriscaldare ulteriormente l’economia. Durante le fasi di forte rallentamento o di bassa crescita, invece, le banche tendono a rallentare il credito, con il rischio di peggiorare la situazione economica. Questo è il motivo per cui il regolatore ha previsto la possibilità per l’autorità di vigilanza di richiedere un cuscinetto positivo di capitale in caso di crescita superiore alla media e negativo in caso contrario. Al momento della creazione dell’Autorità di vigilanza unica presso la Bce, fu deciso di lasciare questa competenza alle autorità nazionali. La giustificazione era che il ciclo economico poteva differire da paese a paese, anche all’interno dell’area monetaria. Non venne stabilito alcun criterio oggettivo per le decisioni nazionali. Ognuno poteva interpretare la norma come voleva.

 

L’esperienza dell’ultimo decennio mostra che le decisioni delle autorità nazionali sul cuscinetto di capitale imposto alle banche non sono collegate con il ciclo economico. In altre parole, il cuscinetto di capitale è stato utilizzato per obiettivi diversi da quelli stabiliti dal regolatore. Questa conclusione emerge da alcuni dati facilmente riscontrabili. Il primo è che, per la media dei paesi dell’euro, il cuscinetto di capitale aggiuntivo richiesto al sistema bancario è di circa 70 punti base oltre i requisiti regolamentari. Questo dato appare sorprendente dato che l’economia europea, nel suo insieme, cresce ed è prevista crescere nei prossimi anni, sostanzialmente in linea con il potenziale, intorno all’1-1,2 per cento all’anno. Persiste tuttavia un divario rilevante rispetto al livello dell’attività economica che si potrebbe raggiungere in condizioni di pieno impiego delle risorse (il cosiddetto output gap). Non vi sono inoltre pressioni inflazionistiche rilevanti, come conferma la stessa Bce.  Ciononostante, le autorità di vigilanza dei paesi membri richiedono alle banche di detenere più capitale del necessario per contrastare il rischio che il credito possa aumentare più del previsto, provocando pressioni inflazionistiche. 

 

Il secondo aspetto è che i cuscinetti di capitale aggiuntivo richiesti dalle varie autorità nazionali non hanno, nella maggior parte dei casi, alcuna relazione con la crescita relativa delle rispettive economie. Alcuni paesi che crescono attualmente più della media europea hanno cuscinetti di capitale pari a zero, come Malta e il Portogallo, o inferiori alla media, come la Grecia (25 punti base) e la Spagna (50 punti). Alcuni altri paesi che invece crescono meno della media europea hanno un cuscinetto più elevato, come la Germania (75 punti base), la Francia (100), la Slovacchia e l’Estonia (150). I Paesi bassi, che hanno una crescita sostanzialmente in linea con la media hanno il cuscinetto più elevato di tutti (200 punti), superiore addirittura a quello dell’Irlanda la cui economia è in piena espansione. Infine, mentre in alcuni paesi le autorità di vigilanza hanno modificato di frequente il cuscinetto anticiclico di capitale, in altri è rimasto immutato nell’ultimo decennio, come se il ciclo economico non esistesse nel loro paese.

 

La conclusione è che uno strumento rilevante nella regolamentazione bancaria europea viene usato dalle autorità nazionali in modo totalmente discrezionale e non collegato con le intenzioni della regolamentazione. E’ difficile capire anche le motivazioni sottostanti, che sicuramente divergono. Il risultato di questo sistema normativo decentrato e opaco è quello di ostacolare l’integrazione del mercato finanziario europeo, contrariamente all’obiettivo sbandierato ogni giorno dalla Bce e dalla Commissione europea. La soluzione evidente non è quella di semplificare ma piuttosto di uniformare la decisione a livello europeo. La coerenza, tra il dire e il fare, dovrebbe essere il primo passo di qualsiasi riforma, anche a livello europeo.

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