Foto: Ansa.
"Non ci credo"
Secondo Landini alla Bce non sanno fare i conti
Il segretario della Cgil rilancia ancora a Radio24: 25 miliardi di fiscal drag da restituire a lavoratori e pensionati. Il paper dell’Eurosistema però ridimensiona la cifra e mostra che i benefici maggiori sono andati proprio ai redditi sotto i 35 mila euro, ma per Landini "E' una bugia".
Secondo Maurizio Landini, segretario generale Cgil, alla Bce i conti non tornano, ma a lui sì: il fiscal drag vale 25 miliardi, e chi la pensa diversamente (Francoforte e numerosi economisti delle banche centrali dell'Ue) sbaglia. E poi sulla valutazione dell'impatto limitato o nullo sulle fasce base Landini esagera: "E' una bugia". Parole forti, per un sindacato in un momento davvero strano.
Landini è infatti intervenuto a Radio 24, alla vigilia della manifestazione nazionale di sabato 25 ottobre organizzata dal sindacato. Tra le rivendicazioni principali, spicca quella di “restituire a lavoratori e pensionati il drenaggio fiscale già subito e neutralizzare quello futuro”. Durante la trasmissione del mattino, il segretario generale della Cgil è tornato appunto sul tema del fiscal drag, questione su cui aveva appena ricevuto una smentita indiretta attraverso un paper della Banca centrale europea, elaborato insieme ad altre banche centrali europee, e di cui ha dato conto oggi il Foglio. “Negli ultimi 3-4 anni — ha dichiarato il segretario generale — i dipendenti e i pensionati hanno pagato più di 25 miliardi di tasse che non dovevano a causa del fiscal drag. Chiediamo che vengano restituiti”.
Nonostante non sia un vinile, il segretario generale della Cgil sembra tornare spesso sulle stesse note, quasi inceppandosi, anche quando un direttore d’orchestra, in questo caso il working paper della Bce, lo smentisce chiaramente. A quel punto, il conduttore di 24Mattina, Simone Spetia, richiama proprio lo studio citato dal Foglio: “L’impatto del fiscal drag sulle fasce più basse di reddito è stato limitato, se non nullo”. Ma Landini non ci sta: “È una bugia”.
Bugia? Nello studio firmato “Eurosistema” emerge che il fiscal drag potenziale per l’Italia ammonta a circa 18,5 miliardi; quello effettivo, al netto delle misure di compensazione, scende a circa 11,5 miliardi, meno della metà di quanto affermato da Landini. Inoltre, considerando anche i tagli contributivi (come la riduzione di sei punti dei contributi sociali), si osserva che per ogni euro di fiscal drag lo stato ne ha restituiti 1,4. E, ancora più rilevante, secondo lo studio i principali beneficiari sarebbero proprio i redditi inferiori ai 35 mila euro.
“Fino a 15 mila euro è come dice lo studio — replica Landini a Spetia — ma siamo pronti a discutere conti alla mano. Nemmeno il ministro Giorgetti ha contestato questi numeri. Le persone, nonostante gli interventi, hanno pagato fino al 2025 mediamente tra 2.500 e 3.000 euro di tasse in più. Quei soldi non sono mai tornati, e oggi servono anche a restare sotto il 3 per cento di deficit. Ma la riduzione del deficit non va a investimenti o salari: serve a chiedere in Europa fondi per le armi. Non si possono prendere soldi da chi lavora e risparmiare sui profitti”.
Spetia allora ribatte: “ Ma i redditi più penalizzati dal fiscal drag sono quelli superiori ai 35 mila euro. In effetti, l’ultimo taglio dell’Irpef incide sui redditi medi. Poi, i soldi sono quelli che sono e quindi non si parla di enormi cifre”. Ma Landini, instancabile, insiste: “Abbiamo i conti elaborati dai nostri studi economici: un reddito da 31.000 euro ha perso dal 2022 a oggi quasi 2.500 euro per effetto del fiscal drag. L’Irpef che gli viene ora proposta comporta appena 40 euro in meno all’anno. La gente non arriva a fine mese”.
Spetia conclude ricordando che “la questione salariale è legata anche alla produttività, che va oltre le ragioni fiscali”. Ma Landini non molla: “Non è così. I dati Mediobanca dicono che la produttività è cresciuta più del costo del lavoro, mentre la tassazione sui profitti e sulle rendite finanziarie è rimasta ferma. Dal 2014, l’80 per cento dei profitti delle imprese è stato redistribuito agli azionisti e non reinvestito”.