L'ad di Leonardo Roberto Cingolani (foto LaPresse)

la svolta

Il patto spaziale fra Leonardo, Thales e Airbus era più che urgente

Mariarosaria Marchesano

L’intesa fra le tre compagnie dà vita a un colosso da 6,5 miliardi e 25 mila addetti: un passo decisivo verso l’autonomia tecnologica e industriale europea nel comparto spaziale

L’alleanza tra Leonardo, Thales e Airbus per la creazione di un campione aerospaziale europeo, con 6,5 miliardi di fatturato e 25 mila dipendenti, rappresenta un passaggio fondamentale per costruire la sovranità tecnologica europea. La notizia è stata accolta bene anche dai mercati che vedono di buon occhio il rafforzamento dell’Ue che in altri settori, come quello finanziario, sta incontrando difficoltà nelle unioni transfrontaliere. Come ha osservato David Barker del gruppo di investimenti Gam, “prima di questa joint venture, l’Europa di fatto competeva contro se stessa, con tre aziende di dimensioni ridotte che fronteggiavano la crescente dominanza dell’americana SpaceX”. Il consolidamento in questo settore solleva preoccupazioni tra i sindacati, sia in Italia sia in Francia, che temono la perdita di posti di lavoro. D’altra parte, l’alternativa per l’Europa sarebbe di venire fagocitata dal sistema di Elon Musk (con lo Starlink di SpaceX), cresciuto e prosperato dopo la svolta strategica della Nasa avvenuta all’inizio degli anni Duemila. Anzi, come messo in luce dall’Ispi in un paper che sarà presentato il 30 ottobre a Milano, “il contesto geopolitico aggiunge urgenza alle ambizioni spaziali dell’Europa che è rimasta strutturalmente indietro rispetto agli Stati Uniti”, paese con il quale il divario di investimenti è raddoppiato a partire dal 2019. 

 

Anche la Cina ha superato l’Europa nella spesa spaziale totale. Così, secondo l’Ispi, la Difesa è oggi la vulnerabilità più evidente dell’Europa: “Sebbene, quasi la metà dei bilanci pubblici mondiali per lo spazio sia ora destinata alle capacità militari l’Europa ne dedica solo il 15 per cento e questa crescente asimmetria tecnologica e strategica minaccia la sua autonomia”. Inoltre, la politica spaziale europea rimane frammentata. L’assenza di un’autorità decisionale unificata “continua a limitare la capacità dell’Europa di sfruttare appiano lo spazio come strumento di potere geopolitico”. La svolta potrebbe arrivare con lo Space Act, la prima normativa Ue che punta a istituire un mercato unico per i servizi spaziali armonizzando le regole dei diversi paesi, ma l’iter potrebbe incontrare la resistenza degli stati nazionali preoccupati per l’eccessiva centralizzazione all’interno della Commissione europea. 

 

In questo senso, l’accordo sottoscritto tra l’italiana Leonardo, la francese Thales e la società a capitale misto Airbus  è la dimostrazione che le divergenze possono essere superate e che la costituzione, anzi, la ricostituzione, di un’industria europea del settore è una strada aperta. Il gruppo che sta per nascere, infatti, unisce le rispettive attività nei sistemi spaziali, dei satelliti e dei servizi. Naturalmente, ci vorrà del tempo prima che la produzione europea aumenti fino a soddisfare la domanda nel breve termine. Una recente analisi di Oxford Economics spiega che il 50 per cento della futura spesa per equipaggiamenti e Difesa, in particolare per lanciarazzi e aerei, andrà a fornitori extra europei, in primis gli Stati Uniti. Una dipendenza, si fa notare nella ricerca, che i responsabili politici puntano a ridurre proprio rafforzando la base industriale europea. In questo contesto, l’Italia punta giocare un ruolo di primo piano. Secondo l’Ispi, il paese “si distingue sia come potenza industriale che come innovatore politico”. 

 

Con oltre 7 miliardi mobilitati attraverso l’Asi, l’Agenzia spaziale italiana, il Fondo programmi nazionali e il Pnrr, l’Italia è il terzo maggiore contributore dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, e  ha messo in campo la costellazione Iride, uno dei più importanti programmi per l’osservazione della Terra con un potenziale duplice uso (militare e civile). Inoltre, il paese possiede  una catena del valore spaziale completa, dai lanciatori tramite Avio alla produzione Thales Alenia Space, e un dinamico ecosistema di Pmi, anche se questo risente degli scarsi investimenti privati. In ogni caso si tratta di una base solida per competere a livello internazionale in un settore altamente strategico e anche molto sensibile a livello di governo. Secondo le indiscrezioni riportate dall’agenzia di stampa Radiocor, Leonardo, di cui il Mef è l’azionista di riferimento, non sottoscriverà l’aumento di capitale da 400 milioni di Avio, specializzata, appunto, in lanci spaziali, di cui è il primo socio. L’aumento è destinato a investimenti in America e nelle scorse settimane il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, aveva dichiarato che l’operazione era sotto osservazione di Palazzo Chigi. Sarà una coincidenza?

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