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Legge di Bilancio

Il gioco di prestigio di Giorgetti: da piano di ripresa a piano di copertura

Davide Mattone

La rimodulazione del Pnrr, derivante dai progetti in ritardo o cancellati, vale lo 0,22 per cento del pil nel 2026, circa 4-5 miliardi. Diventa così margine di Bilancio, e consente al governo di finanziare il superammortamento da 4 miliardi per le imprese

Il governo ha fatto esattamente ciò che molti temevano: ha “liberato”, ovvero cancellato, una quota di risorse del Pnrr tagliando progetti in ritardo, e le ha utilizzate come margini di manovra. L’industria perde così circa 4-5 miliardi di investimenti promessi nelle precedenti leggi di Bilancio sotto forma di Pnrr? No, quelle risorse, tolte ai progetti rinviati o cancellati, sono state previste nel Documento programmatico di Bilancio (Dpb) come una delle coperture del superammortamento - il maxi sconto per chi investe in beni strumentali nuovi - per le imprese da 4 miliardi. 


Nel Dpb –  inviato ora a Bruxelles, da cui si attende l’approvazione formale –  la rimodulazione del Pnrr vale lo 0,22 per cento del pil nel 2026 (4-5 miliardi) ed è segnata come risorsa anziché come spesa. Allo stesso tempo, sul lato degli impieghi (spese) compaiono voci per “sostegno a imprese e innovazione” che consentono a Giorgetti & Co. di dire: “Stiamo investendo nell’imprese”. Peccato che non emerga, nella comunicazione politica ,che quella cifra esce in realtà dalle risorse Pnrr. 


È un’operazione contabile inusuale rispetto alla prassi ordinaria, che la Commissione ha “accettato” nella cornice della revisione del Pnrr e del nuovo calendario di spesa. Dopo mesi di trattativa con Bruxelles, il governo può sostenere che le risorse Pnrr non vanno perse, ma riallocate su interventi già in corso (Industria 4.0) e contabilizzate come copertura nel Dpb. La Commissione aveva già permesso l’inclusione nella revisione Pnrr di Industria 5.0, che molti consideravano già un fallimento annunciato. Quasi due anni per inserirla nella revisione e per emanare i decreti attuativi, e alla fine l’impianto non è entrato a regime.  E ora ha permesso all’Italia di spostare risorse del Pnrr su progetti già finanziati e misure già esistenti. Forse non si è trovata un’altra soluzione. When in Rome, do like romans, dicono gli inglesi. Così emerge lo 0,22 per cento di Pil (circa 5 miliardi) di entrate dalla rimodulazione Pnrr.


Infatti, come ha scritto il professore Leonardi sul Foglio, l’Italia non ha inserito le risorse in scadenza in fondi finanziari che permettessero di utilizzarle nei tre anni successivi – come la Spagna – perchè sarebbe stata registrata come una spesa. Non le ha restituite, come la Repubblica Ceca, né le ha spostate sulla difesa, come la Polonia. Per la difesa, tra l’altro, Giorgetti lascia aperta l’opzione di raggiungere il 2 per cento Nato nel 2028 con la clausola di salvaguardia Ue, ergo in extra deficit, che quindi rallenterebbe la riduzione del rapporto debito-pil.


La manovra, nel complesso, è positiva. Il deficit è previsto sotto il 3 per cento, e su questo serve riconoscere il merito a Giorgetti. Benissimo essere prudenti. Ma non basta. La manovra non dà all’industria “nuovi” fondi. Quelle risorse erano state già promesse alle imprese ed erano previsti dai progetti Pnrr. Ma ora, dopo la rimodulazione, diventano copertura per la manovra. Proprio mentre il Mef, dopo i dazi di Trump, assegna il ruolo di traino dell’economia ai consumi e la domanda interna. Come si aumenta la produttività e la crescita senza uno sforzo extra verso chi invece può dare una grande mano all’economia italiana? 


Se una manovra light da 18 miliardi ricicla 5 miliardi dai progetti Pnrr cancellati, e si era pensato di utilizzare circa 2 miliardi per bloccare l’adeguamento dell’età pensionabile,  requisito essenziale per la Ragioneria di stato per la sostenibilità della  spesa pensionistica, allora non ci siamo.
Davide Mattone

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