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La Richiesta

Landini insieme ai Pro Pal accusa il governo di essere complice, ma lo incontra per chiedere ritocchi alla Manovra

Luciano Capone

Il leader della Cgil incontra oggi il governo, che lui ritiene complice di genocidio, per avanzare richieste in materia fiscale: restituzione del fiscal drag e blocco dell'adeguamento dell'età pensionabile all'aspettativa di vita

Oggi Maurizio Landini incontra il governo, che ritiene responsabile di genocidio, per chiedere la restituzione del fiscal drag e il blocco dell’età pensionabile. Sembra surreale, ma è così. Nella conferenza stampa in cui ha presentato le proposte del sindacato al governo Meloni per la manovra, il leader della Cgil – a domanda precisa sulla denuncia presso la Corte penale internazionale contro Giorgia Meloni e altri esponenti del governo italiano per concorso nel “genocidio” palestinese – aveva risposto che in effetti il governo italiano è “indirettamente complice del governo israeliano che sta commettendo un atto mai visto prima di genocidio del popolo palestinese. Dal punto di vista politico, per quello che mi riguarda, questa responsabilità del governo del nostro paese c’è tutta”. 


Tralasciando il “mai visto prima” riferito al genocidio, che è evidentemente un errore, per Landini Meloni è una collaborazionista del governo genocidario di Netanyahu. E la Cgil va a Palazzo Chigi per chiedere, a questa criminale internazionale, delle correzioni alla legge di Bilancio. Sarebbe come se, durante la Seconda guerra mondiale, il sindacato fosse andato da governanti complici di Hitler – come Mussolini in Italia, Quisling in Norvegia o Tiso in Slovacchia – a chiedere la detassazione dei premi di produttività. E’ evidente che Landini non si rende conto o non prende sul serio ciò che dice.


La realtà è che su questi temi la strategia di Landini è  evitare di scoprirsi a sinistra, dove è forte la concorrenza dei sindacati più estremisti dall’Usb ai Cobas. E in effetti la clamorosa denuncia per genocidio inviata al Procuratore presso la Corte penale internazionale contro Meloni, i ministri Antonio Tajani e Guido Crosetto, oltre che l’ad di Leonardo Roberto Cingolani da un gruppo chiamato “Giuristi e avvocati per la Palestina” è firmato da vari sindacalisti dell’Usb (che non sono né avvocati né giuristi) come Guido Lutrario, Giorgio Cremaschi e la consigliera del Cnel Paola Palmieri. L’Usb è proprio il sindacato che aveva innescato la miccia delle proteste di piazza pro Pal dichiarando lo sciopero generale del 22 settembre, il cui successo aveva colto di sorpresa la Cgil. Da quel momento in poi la principale preoccupazione di Landini è stata quella di non farsi togliere la leadership della piazza e di non sembrare più moderato di Usb e Cobas, anche a costo di proclamare scioperi generali illegittimi come nel caso di quello del 3 ottobre accusando, addirittura, di autoritarismo il Garante degli scioperi per aver chiesto il rispetto della legge.


  Se sulla questione israelo-palestinese Landini è più radicale di Francesca Albanese, su quella fiscale è più agguerrito di Gabriel Zucman. Si tratta dell’economista francese che, per affrontare la grave crisi fiscale del suo paese, ha proposto una superpatrimoniale sugli ultraricchi.  Dal “blocchiamo tutto” alla “Zucman Tax”, l’eco delle piazze francese arriva anche in Italia, dove però i conti pubblici sono molto più in ordine e il governo è stabile (Giorgia Meloni ha già visto passare cinque primi ministri francesi e aspetta il sesto). La tassa, che piace molto alla sinistra francese convinta che in questo modo si possa evitare il taglio dell’abnorme spesa pubblica, in realtà incontra molti ostacoli tecnici oltre che politici: molti economisti, anche di stampo progressista, hanno segnalato come questa patrimoniale possa portare a fenomeni di occultamento della ricchezza, a fuga di capitali e di capitalisti (magari proprio verso l’Italia) e a disincentivare l’innovazione (colpendo ad esempio le start-up che hanno un enorme valore in Borsa ma sono in perdita). Non sono ovviamente questioni che preoccupano Landini, che per propone l’introduzione in Italia di un “contributo di solidarietà” che colpirebbe l’1 per cento più ricco della popolazione (circa 500 mila contribuenti): un’aliquota dell’1,3 per cento sui patrimoni superiori a 2 milioni di euro, che produrrebbe un gettito pari a 26 miliardi di euro (comunque non sufficienti a coprire lo sterminato elenco della spesa presentato a Palazzo Chigi).


A confronto la “Zucman tax” è robetta. Benché si basi sullo stesso principio, l’imposta proposta in Francia dovrebbe produrre un gettito pari a 20 miliardi di euro (anche si i critici sostengono che in realtà, il gettito reale sarebbe di 5 miliardi), ovvero lo 0,6-0,7 per cento del pil della Francia. In confronto la “Landini tax” vale il doppio, perché i 26 miliardi di gettito sono pari all’1,2 per cento del pil italiano. Per giunta, per Zucman – che viene visto come il nemico globale dei miliardari – la nuova tassa scatterebbe oltre i 100 milioni di euro di patrimonio. Secondo Landini, invece, la soglia oltre la quale si diventa ultraricchi è 50 volte inferiore: 2 milioni di euro. Non a caso la “Zucman tax” in Francia colpirebbe meno di 2 mila famiglie, mentre la “Landini tax” 500 mila contribuenti. 


Per ora si sente sicuro di non essere scavalcato da nessuno nella deriva estremista, ma se dovesse scoprire che Lutrario e l’Usb chiedono una patrimoniale più elevata Landini non si opporrà ad alzare l’aliquota: il limite è l’esproprio, oltre non si può.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali