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Le Audizioni
Le criticità della manovra finanziaria secondo Bankitalia e l'Upb
Bankitalia e l'Ufficio parlamentare di bilancio promuovono la prudenza del Dpfp, ma chiedono più trasparenza sulle coperture e chiarezza sui conti pluriennali. Restano incognite sull'aumento della spesa per le difesa, sulla spesa netta, e sulla sensibilità del debito ai tassi
Ieri la Banca d’Italia (BdI) e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) sono stati ascoltati in audizione, davanti alle commissioni Bilancio del Senato e della Camera, per esprimere i loro pareri sul Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp) 2025. Il Dpfp, approvato dal governo il 2 ottobre, fornisce il quadro entro cui preparare la manovra finanziaria per il triennio 2026-2028. Queste audizioni hanno l’obiettivo di valutare il quadro su cui si costruisce la legge di Bilancio e fornire un’analisi, segnalando criticità e raccomandazioni.
Sugli scenari di base l’accordo c’è. Sia l’Upb che Bankitalia riconoscono un contesto internazionale incerto: gli effetti dei dazi statunitensi, oggi ancora contenuti, sono destinati a farsi sentire nei prossimi trimestri; insieme, una competizione globale intensa e l’euro più forte, che penalizza le export. La linea è la seguente: politica di bilancio prudente, il traino del pil deve essere la domanda interna, e la spesa pubblica deve convertirsi in crescita, investimenti e capitale. Le audizioni hanno infatti condiviso le previsioni del Dpfp: crescita moderata del pil (+ 0,5) e indebitamento al 3 per cento nel 2025. Dal 2027, secondo il Dpfp, e secondo BdI e Upb (a parità di ipotesi: crescita moderata e regole Ue sulla spesa netta rispettate), il rapporto debito pil inizierà una lenta riduzione, anche grazie all’esaurimento dell’impatto dei crediti di imposta legati ai bonus edilizi. Salvo che shock costringano a rivedere il sentiero.
E’ qui che iniziano le osservazioni. La prima riguarda la trasparenza delle coperture finanziarie. BdI ricorda che il Parlamento aveva già chiesto lo scorso settembre l’articolazione puntuale delle misure e i relativi effetti finanziari. Il Dpfp, invece, si limita a elencare le aree di intervento - riduzione della pressione fiscale sui redditi da lavoro, rifinanziamento del sistema sanitario, incentivi agli investimenti, misure al sostegno della natalità - senza specificare le coperture. L’Upb è dello stesso parere, segnalando che le informazioni restano generiche e che mancano importi in euro per le principali componenti della spesa netta (che è diventata un nuovo standard Ue per la riduzione del debito nel medio termine). Senza gli importi, secondo l’Upb, non si può misurare con precisione il rispetto del percorso europeo lungo l’orizzonte.
Seconda criticità: la divergenza fra spesa primaria e spesa netta. Nel quadro tendenziale, nota Bankitalia, la spesa primaria cresce del 2,5 per cento nel 2026, dello 0,7 nel 2027 e dell’1,0 nel 2028. L’indicatore europeo di spesa netta segue invece un profilo diverso (rispettivamente 1,7, 1,3 e 1,5 per cento). La differenza, per Palazzo Koch, deriva dai flussi Ue: nel 2026 riducono la crescita della spesa netta, nel 2027-2028 la aumentano. Poiché possono generare oscillazioni significative, BdI richiede una spiegazione esplicita della dinamica pluriennale, specie oltre il termine del Pnrr. L’Upb aggiunge che lo spazio di bilancio risulta usato quasi per intero, riducendo i cuscinetti in caso di shock nel 2026-2027.
Terzo nodo: la spesa per la difesa. Non nel merito, ma nel metodo. Il Mef considera possibile un aumento graduale – nel rispetto degli impegni Nato - dall’1,5 per cento del 2024 al 2 per cento nel 2028. BdI, però, osserva che il Dpfp non sembra includere per intero questi oneri. L’Upb condivide, sottolineando che qualsiasi incremento nella spesa vada compensato con tagli o nuove entrate: aumentare questa spesa usando la “clausola di salvaguardia” rallenterebbe la riduzione del rapporto debito pil. Questa spesa aggiuntiva verrebbe finanziata in deficit, e il rapporto risulterebbe più alto rispetto allo scenario di base: nel 2028 sarebbe 0,6 punti in più. Quando l’effetto positivo sulla crescita dovuto a quella spesa svanisce, la differenza si amplia, arrivando nel 2031 a circa 1,7 punti in più.
Infine, la sensibilità ai tassi e alla spesa per interessi. BdI avverte che un aumento di 100 punti base dei rendimenti dal 2026 basterebbe a portare il debito vicino al 141 per cento nel 2028, invertendo la traiettoria di riduzione. L’Upb ipotizza che basterebbe un aumento di un paio di decimi all’anno per collocare il debito stabilmente sopra il sentiero del Dpfp.
Il Mef presenta dunque scenari macroeconomici nel complesso condivisibili, ma che restano incompleti in alcuni dettagli delle coperture finanziarie, e della composizione della manovra.