
Foto: Ansa.
La Nuova Festività
Con San Francesco l'Italia si regala la tredicesima festività mentre l'economia arranca
Passa con larga maggioranza la legge che istituisce il patrono d’Italia il 4 ottobre: costo stimato per lo stato: 10,6 milioni l’anno
La Camera ha approvato l'introduzione di una festa nazionale, la tredicesima: il 4 ottobre, giorno di san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia. La legge è passata con 247 voti favorevoli, otto astenuti e solo due contrari (Giulia Pastorella e Federica Onori, di Azione). Il provvedimento passerà adesso al vaglio del Senato.
Per il governo il provvedimento ha un costo limitato, o comunque recuperabile. I report ufficiali stimano una spesa di circa 10,6 milioni di euro l’anno per pagare straordinari e indennità nelle strutture pubbliche che devono restare aperte (sanità, sicurezza, difesa). La legge, insomma, costa quanto una piccola opera pubblica. Ma non tutti condividono la novità. Come la parlamentare Onori (Az), che afferma al Foglio: “Quei soldi sarebbero potuti essere investiti nel rafforzamento della sanità, in borse di studio o in altro. Nella legge di Bilancio dello scorso anno è stata sospesa la perequazione automatica delle pensioni dei cittadini Aire, per un valore di circa 8,6 milioni di euro annui, proprio per ragioni di sostenibilità economica”.
Nonostante ciò, se la lettura si fermasse qui, tutto sembrerebbe accettabile. In fin dei conti 10 milioni di euro sono tanti, ma sicuramente non sconvolgono il bilancio statale. Non sorprendentemente, ci sono altre considerazioni da tenere in conto. Secondo la collega di partito di Onori, l’on. Pastorella: “La situazione del paese è drammatica sul fronte della produttività e competitività delle nostre imprese. C’è un affaticamento dell’industria”. Con la sua crescita economica che arranca, l’Italia si permette il lusso di aggiungere una nuova festività al calendario. Con la reintroduzione del 4 ottobre (San Francesco), si supererebbe la media europea di undici giorni e ci si avvicinerebbe ai paesi più “festaioli”, come la Spagna e Cipro, che vantano rispettivamente quattordici e quindici festività. Secondo le nuove stime dell’Ocse sull’andamento economico internazionale, l’Italia registrerà un aumento del pil dello 0,6 per cento sia nel 2025 che nel 2026. In un contesto di bassa crescita e problemi di produttività, si tagliano le giornate di lavoro. “Abbiamo una produttività del lavoro inferiore alla media Ue: negli ultimi decenni è cresciuta in media solo dello 0,4 per cento l’anno, contro l’1,5 per cento della Ue27”, dice l’onorevole Onori (Az).
In Francia, il taglio di alcune festività è stato uno dei motivi della caduta dell’ultimo governo. A luglio l’ex primo ministro François Bayrou ha proposto all’interno del suo piano per la riduzione del deficit pubblico l’abolizione di due giorni festivi: il lunedì di Pasqua e l’8 maggio, celebrazione per la fine della seconda guerra mondiale. L’economista francese Mathieu Plane, del think tank OFCE di Sciences Po, stima che ogni festività infrasettimanale pesi sull’economia francese per circa 0,06 punti di pil, mentre il cugino parigino dell’Istat (Insee) ha stimato che un giorno festivo costa 1,5 miliardi di euro all’economia francese.
Tornando all’Italia, con l’aggiunta di una nuova festività il costo del lavoro aumenterebbe soprattutto per i settori del commercio, turismo e servizi. Mentre l’industria manifatturiera potrebbe recuperare un giorno di fermo diluendolo su turni o spostando la produzione su altri hub. Mariano Bella, direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio, ha provato a fare qualche conto insieme al Foglio: se tutte le imprese del commercio e del turismo dovessero riconoscere maggiorazioni e straordinari per il 4 ottobre, il costo del lavoro potrebbe aumentare fra 350 e 400 milioni di euro. E’ una stima non precisa, destinata a oscillare a seconda delle modalità di apertura, ma che dà l’idea dei possibili costi. Una parte di questa spesa potrebbe essere compensata da maggiori incassi turistici: gli alberghi e i ristoranti registreranno una crescita. Ma non è affatto scontato che il saldo netto sia positivo. Il confronto europeo spiega che un numero di festività maggiore o minore non spiega da solo l’aumento della produttività o la crescita del pil.
Un’azienda o un paese non diventano più efficienti cancellando due feste all’anno, o aggiungendone una. Servono innovazione e tecnologia, formazione e concorrenza. Tuttavia, quando l’economia rallenta e c’è bisogno di riforme strutturali, appare bizzarro discutere di nuove festività.