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cifre da decifrare
Meloni e Salvini tornano a parlare di Piano casa, senza dire come vogliono realizzarlo
La premier e il titolare del ministero dei Trasporti rilanciano il lavoro del governo per abitazioni a prezzi calmierati, ma anche stavolta non illustrano dettagli. Specialmente sui soldi necessari a finanziarlo: secondo l’Osservatorio Cpi servirebbero almeno 12,5 miliardi (quasi quanto il Ponte sullo Stretto)
A quasi un mese dal Meeting di Rimini, la premier Giorgia Meloni è tornata a parlare della questione abitativa. “Abbiamo messo 670 milioni di euro sul fondo di garanzia statale per l'acquisto della prima casa e lavoriamo a un Piano casa per le giovani coppie, per avere case a prezzi calmierati”, ha detto ieri durante il suo intervento a Fenix, la festa di Gioventù nazionale. Il tema è stato ripreso anche dal vicepremier Matteo Salvini, che dal palco della sua 33esima Pontida ha detto di voler chiedere un contributo di qualche miliardo alle grandi banche italiane: “Chi può deve dare una mano, ad esempio, aiutandomi a mettere i soldi necessari per un Piano casa”.
Nonostante l'entusiasmo con cui è stata presentata dai due leader, di questa iniziativa finora sappiamo ben poco. Qualche dettaglio in più lo ha fornito il 17 giugno il ministero delle Infrastrutture, guidato proprio da Salvini, all’esito di un tavolo tecnico con enti e associazioni di categoria. Il “Piano Casa Italia” è stato illustrato come un programma strategico volto a contrastare il disagio abitativo sul territorio nazionale e riorganizzare l'offerta esistente. Il piano, quindi, si rivolgerebbe a persone e famiglie con redditi medio-bassi e difficoltà a sostenere i prezzi del mercato libero, privi dei requisiti per ottenere una casa popolare. Nelle slide del Mit si parla di “promozione di modelli innovativi di finanziamento dei progetti di social housing, fondati sulla integrazione tra risorse pubbliche e private”, ma anche di “creazione di soluzioni abitative flessibili, fondate sulla commistione di edilizia residenziale e sociale, e integrate nella città”. Obiettivi chiave ambiziosi, per quanto ancora poco definiti.
Dal canto loro, gli imprenditori hanno indicato percorsi più precisi. Il Piano di Confindustria per l’abitare sostenibile dei lavoratori, presentato a gennaio, va nella stessa direzione del Piano casa Italia, che per la confederazione è “una prima cornice per la realizzazione” delle loro proposte. Si punta alla rimozione degli ostacoli urbanistici e amministrativi che frenano la costruzione e la riqualificazione di nuovi edifici, ma anche a introdurre strumenti di garanzia per favorire investimenti da parte di imprese di costruzione e fondi immobiliari, con l'obiettivo finale di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro eliminando il problema abitativo.
Anche sul versante delle risorse c’è ancora poca chiarezza. Il documento del Mit indica per ora lo stanziamento di 100 milioni di euro per gli anni 2027 e 2028, insieme ad altri 560 milioni previsti dall’ultima legge di bilancio da distribuire fino al 2030. Il totale fa 660 milioni, da ampliare in futuro grazie al partenariato pubblico-privato e la previsione di un “Fondo per l’abitare”, con risorse per le Regioni e forme di prestito a lungo termine da parte di istituti di credito nazionali ed europei.
Così com’è, la copertura finanziaria sembra piuttosto ridotta. L’Osservatorio Cpi, creato all’interno dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, ha ipotizzato infatti un costo di circa 12,5 miliardi per la costruzione di 50 mila abitazioni. Esattamente un miliardo in meno dell’investimento necessario per finanziare il Ponte sullo Stretto. È una prima stima, anche approssimativa, ma rende bene l’idea del possibile impatto che un vero piano casa potrebbe avere sulle casse statali. Considerazioni che l’esecutivo dovrà tenere a mente in fase di costruzione della manovra finanziaria, specialmente dopo la promozione da parte dell’agenzia di rating Fitch, conquistata proprio dopo aver tenuto in ordine i conti pubblici.
Di fronte all’ambizione del programma, Salvini ha rilanciato l’idea di attingere dai bilanci degli istituti di credito. “Penso che chiederemo un contributo alle grandi banche che hanno fatto più di 500 milioni di utili su interessi e commissioni che chiedono a voi”, ha ipotizzato dalla festa leghista di ieri, dopo i diversi “pizzicotti alle banche” del titolare dell’economia Giancarlo Giorgetti. L’ultimo è quello di sabato, al Festival di Open: “Chi opera nel sistema bancario immagina che contributo potrà dare. Visto quello che guadagnano, non hanno motivo di essere preoccupati”. Di certo, se l’apporto delle banche sarà pari a quello raccolto dalla (non) tassa sugli “extraprofitti” bancari introdotta l’anno scorso – poco più di 300 milioni – mettere un tetto sopra il Piano casa del governo potrebbe rivelarsi ancora più complesso.