Il presidente della Federal Reserve Jerome Powell (Ansa) 

stati uniti

La Fed taglia i tassi di 25 punti. Passa ancora la linea Powell

Stefano Cingolani

La Federal Reserve ha deciso di tagliare il tasso d’interesse di 25 punti base al 4-4,25 per cento. Tutto secondo le aspettative, in un contesto di forte tensione e incertezza

La Federal Reserve ha deciso di tagliare il tasso d’interesse di 25 punti base al 4-4,25 per cento. Tutto secondo le aspettative, in un contesto di forte tensione e incertezza. E’ vero che The Donald trasforma tutto in un happening, ma poche volte s’era visto quel che sta accadendo nelle severe stanze (in corso di ampliamento) di Constitution Avenue. E’ Apprentice o è la più potente banca centrale al mondo? Gli ultimi due colpi di scena si sono consumati poco prima che il consiglio si riunisse per decidere.

 

Lunedì notte la corte federale d’appello ha deliberato con un voto di due contro uno che Lisa Cook, governatrice nominata da Joe Biden, poteva partecipare alla riunione nonostante il presidente degli Stati Uniti in persona avesse tentato di licenziarla. Intanto in fretta e furia il Senato ha approvato la nomina di Stephen Miran, consigliere economico di Trump, per ricoprire l’incarico di governatore nel consiglio presieduto da Jerome Powell che il Commander in chief vorrebbe cacciare (anche lui) prima della scadenza, perché reo di aver disobbedito all’ordine di ridurre il costo del denaro.

 

Io ti ho fatto e io ti distruggo, è il mantra trumpiano non solo in ogni angolo della amministrazione, ma su tutti gli aspetti della vita americana: giornali, tv, Hollywood che cerca di resistere (ancora per poco), appalti spaziali, industria dell’automobile, intelligenza artificiale (il nuovo beneficiato è il suo vecchio amico Larry Ellison il patrono di Oracle già chiamato con un gioco di parole l’Oracolo di Donald), criptovalute e soprattutto sulla sorte del dollaro. 

 

Così, con queste sceneggiate dell’ultim’ora, il consiglio della Fed si è trovato a scegliere tra la cautela di Powell e la spregiudicatezza di Miran, mentre incombe l’ombra del nuovo banchiere centrale, sarà senza alcun dubbio un leale seguace dell’uomo che regna alla Casa Bianca. Vedremo se interpreterà il suo ruolo con la correttezza dimostrata da Powell o dovremo dire arrivederci all’indipendenza della politica monetaria dalla politica tout court. Il segretario al Tesoro Scott Bessent, che si è tirato fuori dalla corsa, sta scrutinando ben undici candidati tra interni ed esterni. 

 

I mercati e la maggior parte degli analisti davano per scontata una riduzione dei tassi anche se lieve: un primo passo, tanto per cominciare. Il dollaro si è avvicinato al più basso livello degli ultimi anni proprio in attesa di un taglio. Ma decidere il da farsi non è stato facile. Prima che cominciasse la riunione, gli schieramenti erano incerti. Powell era cauto e preoccupato da un’inflazione che resiste (i prezzi al consumo sono cresciuti del 2,9 per cento ad agosto ben oltre l’obiettivo del 2 per cento stabilito dalla banca centrale) e dall’impatto dei dazi molto incerto, visto che Trump continua a cambiare idea tra continue minacce e improvvise ritirate. Al contrario, Miran, che ha giurato in fretta e furia per non perdere l’appuntamento se non con la storia almeno con la cronaca, era per un taglio netto (almeno mezzo punto percentuale) anche perché l’economia sta rallentando e i posti di lavoro non crescono più come prima. Argomento fondato sia chiaro, così come quello di Powell. In mezzo i rappresentanti delle Fed regionali, i quali a loro volta rispecchiano le diverse situazioni di una economia americana a macchie di leopardo.

 

Tra i membri del consiglio centrale altri due, Christopher Waller e Michelle Bowman, erano già da tempo a favore di un taglio dei tassi in dissenso con Powell. Il dissenso non è inusuale, ma in genere viene più dai rappresentanti locali; per trovare tre governatori contrari bisogna risalire agli anni ’80, quando la banca centrale dovette compiere scelte radicali prima per stroncare l’iperinflazione, poi per reagire al crollo dell’ottobre 1987. Un interessante grafico pubblicato dal Wall Street Journal dà un’idea di quel che è accaduto da allora. 

 

Alla fine la decisione è stata meno contrastata di quello che si immaginava: tutti favorevoli al taglio di 25 punti, con il solo voto contrario di Miran favorevole a un taglio di 50 punti. Ma è solo l’inizio, lo show andrà avanti.

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