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L'ora delle decisioni
Lagarde spiega perché per i governi è arrivata l'ora dei compiti a casa
Adesso tocca ai singoli stati: "Per essere più attrattiva, l’Europa deve aumentare la competitività attraverso un piano di riforme e affrontare l’impoverimento demografico", dice l'economista Riccardo Trezzi
L’unica cosa da cui la Bce vuol essere “dipendente” sono i dati macroeconomici. A sentire la presidente Christine Lagarde nella conferenza stampa di ieri, in cui ha detto di non essere né un falco né una colomba ma una civetta “perché guardo intorno a me a 360 gradi in modo da poter prendere le decisioni migliori continuando a dipendere dai dati”, la balbettante Federal Reserve, sotto l’assedio trumpiano, sembra un mondo lontano. “La decisione di mantenere invariati i tassi nell’Eurozona era attesa – spiega al Foglio Riccardo Trezzi, economista con esperienze sia alla Fed che alla Bce e consulente di fondi di investimento internazionali – Quello che era meno scontato da parte di Lagarde è il riferimento esplicito, e opportuno a mio avviso, al rapporto Draghi per attuare le riforme in Europa oltre che una postura volutamente orientata a rimarcare l’autonomia nelle scelte di politica monetaria”.
E in questa fase, la Bce, con una decisione all’unanimità, ha optato per una posizione attendista sui tassi in un contesto in cui l’economia dell’area euro si mostra “resiliente”. Tradotto: l’impatto dei dazi americani ancora non si vede o potrebbero essere stati mitigati dall’accordo fatto dall’Unione europea, ma è ancora presto per dirlo. Intanto, “il processo di disinflazione in area euro è concluso”, ha affermato la numero uno della banca centrale europea. Dall’altra parte dell’Oceano, non si allentano le pressioni della Casa Bianca su Jerome Powell affinché riduca i tassi di interesse e allineati la politica monetaria all’agenda di Trump. Solo pochi giorni fa, il segretario del tesoro degli Stati Uniti, Scott Bessent, ha criticato apertamente, in un articolo a sua firma uscito sul Wall Street Journal, l’operato della Fed e invocato un maggiore coordinamento con il suo dipartimento. Un approccio dirigista che fa temere ai mercati finanziari l’arrivo di un periodo di “dominio fiscale”, vale a dire in cui i governi continuano a indebitarsi a dismisura e le banche centrali vanno loro dietro per riparare i danni. “In effetti – osserva Trezzi – quello che vorrebbe fare Trump è tenere bassi i tassi in modo da contenere il costo del debito pubblico americano, ma questo porterebbe il mondo a una dimensione artificiale in cui la spirale inflazionistica è dietro l’angolo. Abbiamo svariati esempi del passato che ci dicono che quando le scelte delle banche centrali dipendono dalla politica gli effetti possono essere molto dannose per l’economia. Lo abbiamo visto più volte in Argentina, in Turchia e anche in Italia quando non esisteva la separazione dei poteri tra Il Tesoro e la Banca d’Italia. Poi, per fortuna, con l’arrivo della Bce è cominciato un periodo di stabilità messa a dura prova da alcune grandi crisi mondiali, come quella finanziaria del 2008, quella del debito sovrano nel 2011 e quella del Covid, alle quali è stato fatto fronte con ingenti immissioni di liquidità. Devo dire che su una sola cosa sono d’accordo con Bessent, quando dice che talvolta con il Quantitative easing si è esagerato e che questi interventi hanno finito per favorire soprattutto le classi più ricche”.
Intanto, però, la Bce si trova oggi in una posizione di oggettivo vantaggio dopo essere riuscita, contro anche molti pronostici, a domare l’inflazione nell’Eurozona e a stabilizzare i tassi sul target del 2 per cento, mentre negli Usa è salita al 2,9 per cento secondo l’ultimo dato emerso ieri che rende ancora più arduo a Powell il passo di ridurre il costo del denaro. Lagarde ha anche fatto intendere che la crisi politica francese non rappresenta un problema e di non vedere particolari tensioni sul mercato dei bond sovrani. Insomma, un quadro quasi idilliaco, opposto a quello americano. Non crede? “La Bce ha ottenuto un importante risultato, ma se parliamo di indipendenza dalla politica, si deve dire che ha Lagarde ha gioco più facile rispetto a Powell perché negli Usa è previsto che il presidente della banca centrale conferisca davanti a Camera e Senato almeno due volte all’anno, obbligo che non esiste in Europa, dove pure la politica monetaria viene spesso criticata dai rappresentanti dei governi, i quali, però, non vanno oltre”. Questa situazione di stabilità potrebbe favorire l’afflusso di nuovi investimenti e capitali in Europa? “Alcuni flussi sono confluiti la scorsa primavera all’apice della crisi dei dazi in America, ma non si registrano altri movimenti significativi. Per essere più attrattiva, l’Europa deve aumentare la competitività attraverso un piano di riforme e affrontare l’impoverimento demografico. Non è un caso che la presidente della Bce abbia citato il rapporto Draghi (e la Commissione europea ha annunciato una conferenza a un anno dalla presentazione del piano, ndr). E’ come se Lagarde avesse detto che ha fatto tutto il possibile e che adesso tocca ai governi”.

a prova di proiettile
Così le scuole americane provano a difendersi dalle sparatorie (senza riuscirci)

La decisione
La Bce mantiene i tassi di interesse invariati
