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L'Ue non badi alle sentenze americane sui dazi e pensi a negoziare meglio

Giacinto della Cananea

La Corte d’appello americana sconfessa i dazi di Trump, ma li lascia in vigore in attesa della decisione finale della Corte Suprema. Una vittoria parziale per gli esportatori, ma l’Unione europea farebbe bene a non cullarsi sugli allori e puntare su negoziati più incisivi

Alla fine di agosto, i giudici federali hanno nuovamente censurato la nuova politica tariffaria degli Stati Uniti. Come la corte di primo grado, quella di appello ha dichiarato illegittimi vari provvedimenti con cui Trump ha imposto dazi alle merci importate da altri paesi. Nella maggior parte dei commenti “a caldo” è stata enfatizzata la vittoria di uno dei ricorrenti, un piccolo imprenditore di vini italiani, visto come una sorta di Davide contro Golia; altri, non solo in Europa, si sono chiesti se il protezionismo doganale di Trump sia ormai indebolito. Ma un’analisi più pacata della reale portata della sentenza è suggerita da tre aspetti: la limitata materia del contendere, il fatto che la corte di appello abbia dichiarato illegittimi i dazi, ma consentendo che restino in vigore, e, sullo sfondo, il giudizio finale spettante alla Corte Suprema. Per cominciare, la corte di appello non si è pronunciata sull’insieme dei dazi, ma solo su alcuni. Altrettanto aveva fatto la corte di primo grado, tanto è vero che nelle prossime settimane quest’ultima si pronuncerà su altri ricorsi, ma in una diversa composizione, in cui prevalgono i giudici nominati da Trump. Non si può escludere, quindi, che l’esito della nuova lite sia diverso. 


Vediamo adesso perché la corte di appello abbia respinto il ricorso del governo contro la sentenza di primo grado, lasciando tuttavia che i dazi restino in vigore. Con una netta maggioranza (7 a 4), essa ha osservato che la legge del 1977 attribuisce al presidente il potere di regolare i traffici in caso di emergenza. Ma non c’è alcuna emergenza e la legge non fa alcun riferimento a dazi e imposte, mentre altre leggi lo fanno, sicché è chiaro che il legislatore ha inteso circoscrivere i poteri presidenziali. Poiché la corte ha sottolineato che anche nell’ambito del commercio e della sicurezza nazionale è essenziale che “l’esecutivo resti sottoposto al controllo del Congresso”, la pretesa di Trump di esercitare poteri illimitati non ha alcun fondamento giuridico. La corte di appello ha però consentito che i dazi restino in vigore, rinviando alla corte inferiore la decisione sulla questione se il governo debba restituire le somme di denaro indebitamente percepite soltanto alle imprese ricorrenti o a tutte. Ha dato seguito al recente provvedimento della Corte Suprema, che ha ordinato agli altri giudici di non emettere provvedimenti ingiuntivi contro il governo, riservandosi l’ultima parola.


Il discorso si sposta, così, sul giudizio spettante alla Corte Suprema. I suoi precedenti, anche recenti, lasciano ben sperare gli imprenditori, i governatori dei dodici stati ricorrenti e gli istituti indipendenti a cui il successo ha arriso in primo grado e in appello. Tuttavia, è difficile dire se la Corte Suprema li rispetterà. In altri casi la maggioranza dei nove giudici ha mostrato un’inclinazione a interpretare estensivamente i poteri presidenziali. Inoltre, se i dazi fossero definitivamente annullati e il governo dovesse restituire le somme di denaro pagate da tutte le imprese coinvolte, vi sarebbero serie conseguenze per le finanze federali. Di fronte a tempi difficilmente prevedibili e a esiti incerti, l’Ue farà bene a contare solo sulle proprie forze e a negoziare con maggior efficacia.

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