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l'analisi
I vantaggi dell'Italia a sostenere gli accordi dell'Ue con Mercosur e Messico
La collaborazione tra Europa i paesi del Mercato comune del sud è l'occasione per ridurre la dipendenza dagli Usa. Osteggiarla in nome del protezionismo significa ignorare i benefici concreti per economia, accesso a materie critiche e competitività globale
A meno di sorprese dell’ultima ora, in settimana la Commissione Europea dovrebbe varare i testi finali di due accordi di liberalizzazione commerciale molto attesi, come primo passo di diversificazione dell’export europeo dopo la sbornia di dazi trumpiani. L’accordo con il Mercosur è il più importante, quello con il Messico è un aggiornamento del precedente accordo del 2020. In particolare l’intesa Mercosur è stata finora problematica, e dopo ben 38 round bilaterali di confronto ancora la settimana scorsa il cancelliere tedesco Merz ha premuto su Parigi per rivederne ancora il testo. Le contrarietà vengono (come quasi sempre) da associazioni del mondo agricolo, mobilitatesi in Germania Francia e Italia. E’ anche per questo che la Commissione si appresta a lanciare le intese come accordi UE-only, il che ne consentirebbe l’approvazione in Consiglio Europeo senza bisogno dell’unanimità e in Parlamento a maggioranza semplice, senza ratifiche dei Parlamenti nazionali. Speriamo che davvero si proceda speditamente. Perché per la UE e in primis per l’Italia questi accordi significano benefici enormi.
Il blocco Mercorsur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) vede l’Italia come seconda esportatrice europea dopo la Germania. Il Mercosur a sua volta è un importante fornitore italiano in alcuni settori (dall’agricoltura alle materie prime non energetiche, passando per la carta, il tabacco, il legno, fino all’alimentare con 200 milioni di import solo per le carni bovine surgelate). L’accordo costituirebbe un mercato integrato di quasi un decimo della popolazione mondiale (oltre 750 milioni di consumatori) le cui economie rappresentano complessivamente il 20 per cento del pil mondiale e il 25 per cento degli scambi globali. Ma dal 2014 al 2024 l’interscambio Mercosur-Cina è aumentato del 60 per cento; quello con la Ue soltanto del 3,8 per cento. Per il Centro Studi di Confindustria entro un decennio lo sbocco al Mercosur, che progressivamente abbatte a zero i dazi, può da solo sostituire almeno un terzo dell’export italiano oggi a rischio negli USA.
Inoltre è un accordo che ci apre l’accesso a materie critiche. Il Brasile processa l’88 per cento del niobio mondiale e dal Brasile la Ue importa tantalio, bauxite, grafite naturale, silicio, manganese e vanadio. Mentre l’Argentina processa da sola l’11 per cento del litio mondiale. Quanto alle preoccupazioni del mondo agricolo, in realtà oltre l’81 per cento degli scambi fra UE e Mercosur riguarda i beni industriali, che costituiscono il 94 per cento dell’export italiano verso l’area. L’accesso preferenziale previsto dall’accordo interessa oltre il 91 per cento del valore del nostro export totale di beni. Ricordiamoci che oggi il Mercosur applica dazi elevati proprio alle nostre maggiori specializzazioni industriali, dal 18 per cento nei settori chimico-farmaceutico, gomma-plastica e arredamento, al 35 per cento per macchinari, prodotti elettrici, bevande e prodotti del tessile-abbigliamento. Mentre – tanto per tornare alle preoccupazioni del mondo agricolo - a dazi zero l’Italia non potrà che consolidare la sua posizione di primo esportatore europeo nel settore agroalimentare.
L’intesa con il Messico vede invece la Germania molto a favore soprattutto per le pressioni dell’automotive tedesco, che a dazi zero rafforzerebbe il suo export di componenti a favore dei grandi stabilimenti aperti in Messico da molti grandi produttori Usa e mondiali. Anche in questo caso le preoccupazioni del mondo agricolo hanno già apportato modifiche importanti. Fini ad oggi, il Messico gravava con dazi fino al 100 per cento l’import di formaggi, pasta, frutta, cioccolato, vino e via continuando. L’azzeramento dei dazi aprirebbe la via a export agroalimentare italiano oggi proibitivo. Inoltre la bozza finale dell’intesa prevede molte clausole che vincolano il Messico al rispetto degli standard europei di qualità dei prodotti, lotta alla contraffazione, riconoscimento delle denominazioni tutelate dei prodotti europei, tutela dei diritti dei lavoratori, diritti umani e in materia ambientale rispetto degli accordi di Parigi (per quanto possano valere ancora). Il maggior indice di diversificazione dell’industria italiana ci ha consentito finora di avvantaggiarci più di tutti in Europa, degli ultimi accordi di liberalizzazione commerciale firmati dalla Ue. A seguito degli Accordi con Corea del Sud (2011), Canada (2017) e Giappone (2018) l’export di beni italiani è cresciuto ben più della media europea: con la Corea del Sud del 147,2 per cento a fronte di una media Ue del 127 per cento; con il Canada del 61 per cento rispetto a una media Ue del 49,3 per cento; con il Giappone del 27,4 per cento rispetto al 15,7 per cento della media Ue. Numeri che permettono ragionevolmente di smentire tutti i suicidari anche in Italia ostili alle liberalizzazioni commerciali, trumpiani non dichiarati ma altrettanto nocivi.



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