
Foto LaPresse
dopo l'accordo con trump
Le imprese italiane fanno i conti dei dazi. Oggi l'incontro alla Farnesina
L'intesa raggiunta tra Ue e Stati Uniti scongiura una guerra commerciale dando più certezza alle aziende, ma spaventa i settori più legati all'export. Le imprese convocate dal ministro Antonio Tajani. I pareri di Confindustria Vicenza, Coldiretti, Confcooperative, Confcommercio e Legacoop.
Saranno del 15 per cento i dazi che dal prossimo primo agosto gli Stati Uniti applicheranno sulle merci provenienti dall'Unione europea. Non ci sono molti altri dettagli sull'accordo raggiunto domenica tra il presidente americano Donald Trump e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, ma sappiamo che non riguarda in realtà tutte le merci. Trump ha chiarito che per l’acciaio e l’alluminio la stretta rimarrà al 50 per cento. In mezzo alle varie incognite, molte stime prevedono che un balzello del 15 per cento arrivi a pesare sull’Italia per circa 23 miliardi di euro.
Per i settori più coinvolti, ha detto la premier Giorgia Meloni, il governo si impegnerà a trovare risorse nazionali ed europee. Già oggi, alla Farnesina, si terrà “una riunione con tutti i rappresentanti del mondo imprenditoriale per parlare di dazi", ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Lo scopo è “informare le imprese e sapere da loro cosa serve per sostenerle in questo momento e per poter continuare a perseguire l'obiettivo dei 700 miliardi di export entro la fine del 2027”.
Intanto il tessuto imprenditoriale italiano ha reagito all'intesa con un mix di perplessità e timore.
Dalle comunicazioni ufficiali lette finora, “il giudizio non può che essere netto: questo accordo non è assolutamente soddisfacente per l'Ue”, ha detto Barbara Beltrame Giacomello, presidente di Confindustria Vicenza (la provincia con l'export pro capite più alto d'Italia). Tra dazi al 15 per cento e quelli sull'acciaio “pagheremo 750 miliardi in acquisti energetici in 3 anni e 600 in investimenti che si aggiungono a quelli che ci sono già”, ha sottolineato la leader degli industriali vicentini, attaccando poi Ursula von der Leyen: “Per l'ennesima volta sui temi economici, non si è dimostrata all'altezza. Pare non essersi ancora resa conto che l'Europa è fatta da gente che lavora, da manifattura che crea valore aggiunto e occupazione, e non da slogan e ideologia”.
Più mite Coldiretti, secondo cui l'accordo risulta comunque migliore rispetto all'ipotesi dei dazi al 30 per cento minacciata in precedenza da Washington. “Dobbiamo aspettare di capire bene i termini dell'accordo e soprattutto di leggere la lista dei prodotti agroalimentari a dazio zero, sui quali ci auguriamo che la Commissione Ue lavori per far rientrare, ad esempio, il vino che altrimenti sarebbe pesantemente penalizzato", ha affermato il presidente Ettore Prandini, auspicando che il nuovo assetto dei dazi sia accompagnato “da compensazioni europee per le filiere penalizzate, anche considerando la svalutazione del dollaro”.
L'accordo “mette fine a una fase di incertezza dopo mesi di instabilità che hanno rischiato di portarci a una guerra commerciale che le nostre imprese non avrebbero potuto reggere”, ha affermato Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, sottolineando come “tuttavia, non possiamo nascondere le nostre preoccupazioni”. Benché ridotti rispetto al precedente importo del 30 per cento, i dazi al 15 per cento uniti alla svalutazione del dollaro “costituiscono comunque un fardello significativo per il tessuto produttivo europeo". Secondo Gardini, cooperative e imprese “faticheranno ad assorbire questo impatto”, ecco perché “ora più che mai è fondamentale un riassetto strategico del mercato che tenga conto non solo delle nuove aliquote tariffarie - alcune delle quali sono ancora in fase di definizione - ma anche delle dinamiche valutarie”, con particolare attenzione alla svalutazione del dollaro “che sta ridisegnando gli equilibri commerciali globali”.
Dello stesso avviso anche Confcommercio, che vede nell'accordo un fattore di "certezza in tempi incerti", si legge in una nota, anche se andrà valutato con attenzione, prima di tutto per chiarire se la soglia dei dazi livellati al 15 per cento sulle merci europee esportate negli Stati Uniti sia ricomprensiva dei dazi preesistenti.
Per Confcommercio, il costo dell'accordo è “rilevante”. Oltre ai dazi, infatti, si prevedono impegni europei ad acquisti di energia dagli Stati Uniti per 750 miliardi di dollari, investimenti aggiuntivi per 600 miliardi di dollari, insieme a importanti acquisti di sistemi di difesa. Il tutto in uno scenario di incremento globale dei dazi che “rende ancora più complessa la ricerca di opportunità su altri mercati esteri, soprattutto per le pmi esportatrici”.
Per l'associazione, dunque, "si tratta, ora, di reagire con determinazione, facendo leva sulle peculiari caratteristiche di qualità di tanta parte del nostro export e sulla sua conseguente maggiore resilienza rispetto alle variazioni dei prezzi, anche attraverso misure di sostegno”, ma bisogna anche puntare sul rafforzamento della competitività e del mercato interno in Europa, debito comune “per il finanziamento di investimenti in beni pubblici europei e mobilitazione del risparmio anche attraverso l'Unione del mercato dei capitali”.
Insoddisfazione per l'accordo, invece, da parte di Legacoop: “Ci preoccupa molto per l'elevato impatto che avrà sulle nostre principali esportazioni e, di conseguenza, sulla produzione – ha affermato il presidente Simone Gamberini – Scongiurare una 'guerra commerciale' non può significare un'accettazione totale delle condizioni che gli Usa intendono imporre”. Una valutazione più compiuta sarà possibile quando sarà reso noto l'elenco dettagliato dell'accordo, “ma al momento vediamo all'orizzonte molte ombre e poche luci, considerando anche gli impegni assunti dalla Ue nell'acquisto di gas, armamenti e investimenti da effettuare negli Usa", ha concluso Gamberini.