campo largo

Anche il Pd, come il M5s, "non esclude" di tornare a comprare gas dalla Russia

Luciano Capone e Carlo Stagnaro

Nel Libro Verde i dem considerano la “ripresa dei flussi dalla Russia” al posto del Gnl americano. Per Orlando è la leva negoziale da usare contro Trump sui dazi. È la linea di Giuseppe Conte

Tornare a comprare il gas dalla Russia? Il Pd non lo esclude, anzi è una possibilità che vede all’orizzonte. Il Libro Verde del Pd sulle politiche industriali ne fa un riferimento ambiguo, a pag. 12: “In quest’ottica vanno collocate le ulteriori riflessioni da compiersi sulla necessità di un mercato unico che impedisca una pericolosa frammentazione nazionale anche di fronte alla possibilità non inverosimile di una riapertura dei flussi dalla Russia”.

La segretaria Elly Schlein, rispondendo a una domanda della Staffetta Quotidiana, ha recisamente negato l’evidenza: “Non ho letto niente di simile nel nostro documento”. Probabilmente non lo ha letto affatto e non è stata informata del contenuto. Infatti l’ex ministro Andrea Orlando, che ha curato il “Forum industria” e la pubblicazione del volume, ha dato un’interpretazione opposta e tutt’altro che ambigua in un’intervista alla Staffetta: “Oggi pensiamo che ragionevolmente quella [l’acquisto di Gnl dagli Usa, ndr] sia una strada obbligata, legata alla presenza del conflitto, però pensiamo anche che l’acquisto debba essere condizionato a un ripensamento delle posizioni degli Stati Uniti”. Quindi, ha insistito la Staffetta, il gas russo può essere una leva negoziale da usare contro Trump sui dazi? Risposta sintetica di Orlando: “Sì”. 

Solo poche settimane fa, la questione del gas russo – sollevata dal M5s – aveva agitato il Pd. Il 23 giugno, in una risoluzione presentata alla Camera, il partito di Giuseppe Conte chiedeva a Giorgia Meloni di impegnarsi a “trovare una soluzione efficace alla questione del transito e approvvigionamento del gas che non escluda a priori e pro futuro una possibile collaborazione con la Russia”. Il testo aveva mandato in fibrillazione il campo largo, tanto che Pd e Avs non hanno votato la risoluzione del M5s. La sola ipotesi di “non escludere” un’eventualità del genere aveva provocato un’ondata di scandalo e sdegno nel Pd. “Lo trovo irricevibile – commentò il sen. Filippo Sensi –. Sconvolgente sia presentato oggi, con Kyiv martellata dalle bombe”. Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Ue, attaccò: “Conte come al solito è incommentabile, detto questo registro con favore che quello dell’Ucraina per il Pd è un discrimine, il Pd è chiaro nel giudicare inaccettabile questa posizione dei 5 stelle”. 

Il tema ora si ripresenta. Tornare al gas russo, che pochi giorni fa era “inaccettabile”, ora pare un valido strumento negoziale con Trump: tu ci metti una tariffa del 30%? E allora noi molliamo il tuo Gnl e ci riforniamo da Putin. Sul piano tecnico, la questione è estremamente complicata, non così banale come credono Conte e Orlando. Nel 2024, l’Unione europea ha importato poco più di 50 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia (contro gli oltre 150 pre-crisi). Di questi, circa il 60% via tubo (attraverso Turchia e Ucraina). Gli approvvigionamenti via Ucraina sono azzerati dal 1° gennaio 2025, con la scadenza del contratto di transito tra Gazprom e Naftogaz, la società che gestisce il gasdotto. Infine, dei due tubi che collegano la Russia alla Germania – Nord Stream 1 e 2 – solo il secondo è potenzialmente utilizzabile (il primo è stato danneggiato da un’esplosione nel 2022). 

Quindi, non tutte le infrastrutture sono fisicamente disponibili e, tra quelle che lo sono, il gasdotto ucraino presuppone l’improbabile consenso di Volodymyr Zelensky (a cui si chiederebbe, contemporaneamente, di fare un favore al nemico Putin e uno sgambetto a Trump, del cui supporto ha assolutamente bisogno). Inoltre, diversamente dalle narrazioni semplicistiche, le importazioni di gas non sono un rubinetto che può essere aperto, chiuso o rediretto a piacimento: si appoggiano a una complessa struttura contrattuale, che lega gli importatori europei ai produttori esteri. Riprendere l’import dalla Russia per sostituire il Gnl americano vorrebbe dire scrivere nuovi accordi con Gazprom e disdettare altrettanti contratti con i produttori americani: i tempi lunghi che sono stati necessari a emanciparsi (e ancora non del tutto) dalla Russia danno un’idea di quanto sia complicato. 

Proprio la complessità tecnica ed economica dell’operazione, oltre all’impossibilità di riaprire nell’immediato i canali con la Russia, impone di valutare la proposta di Orlando in termini più strettamente politici. E sul piano politico fronte gli ostacoli sono nettamente superiori. In primo luogo, come già detto, è chiusa la strada che passa attraverso l’Ucraina. Il Cremlino ha manifestato la volontà di riaprire il corridoio tedesco che può trasportare 110 miliardi cubi di gas all’anno, ma il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha dichiarato pubblicamente durante un incontro con Zelensky che la Germania farà “tutto il possibile per garantire che il Nord Stream 2 non possa essere rimesso in funzione”.

C’è poi l’ostacolo europeo: l’Ue sta perseguendo una strategia di sicurezza energetica e politica che prevede il progressivo stop alle importazioni di gas e petrolio dalla Russia entro il 2027. La roadmap della Commissione europea sul gas prevede il divieto di nuovi contratti con Mosca dal 1° gennaio 2026; la sospensione dei contratti a breve termine esistenti entro il 17 giugno 2026, la fine delle importazioni con contratti a lungo termine esistenti entro il 2027.

La strategia negoziale sui dazi americani proposta dal Pd entra quindi in conflitto con un altro principio negoziale che il Pd ha più volte chiesto a Giorgia Meloni di rispettare: sui dazi l’Italia non deve fare trattative e accordi separati con gli Stati Uniti, ma deve agire in concerto con Bruxelles. Pertanto, se si vuole usare la minaccia del gas russo contro Trump, bisogna cambiare la politica energetica e internazionale della Commissione Von der Leyen. Siccome in Europa le posizioni sul tema di Ppe, Pse, Renew e Verdi sul tema sono note, Elly Schlein dovrebbe condurre questa battaglia insieme a Viktor Orbán e Robert Fico (non quello del M5s, ma il premier slovacco), oltre che all’AfD e ai compagni del M5s. Sembra un’ipotesi assurda, ma se il Pd considera “non inverosimile” una riapertura dei flussi dalla Russia, bisogna considerarla verosimile.