
La lettera
Golden power e banche, dopo il Tar lo scontro si allarga all'Europa
La Commissione europea afferma che il provvedimento con cui il governo ha imposto le prescrizioni a Unicredit (sull'ops su Banco Bpm) potrebbe violare le norme Ue sulle concentrazioni e il diritto comunitario. Salvini attacca Bruxelles mentre scricchiola il disegno strategico di Palazzo Chigi
Banche e banchieri continuano a turbare i sonni di Palazzo Chigi aggiungendo un fattore di tensione nel confronto tra l’Italia e l’Europa che in questa fase è concentrato su dazi e guerre. L’attesa lettera di Bruxelles che stigmatizza l’uso del golden power da parte del governo sull’ops di Unicredit su Banco Bpm è arrivata proprio nel giorno in cui è partita ufficialmente la scalata di Montepaschi, di cui è azionista il Mef, su Mediobanca.
Coincidenza che ha offerto l’assist all’ad di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, per evidenziare, tra le altre cose, come la presenza del ruolo del governo in questa operazione rappresenti “un’anomalia”. In realtà, il governo Meloni sta cercando di far sentire la sua influenza nella definizione degli assetti finanziari così come sta succedendo in altri paesi, ma proprio il ricorso ai poteri speciali su Unicredit, che secondo la Commissione europea non è stato suffragato da motivazioni convincenti, così come vorrebbe l’articolo 21 del regolamento Ue sul mercato interno, rischia di far scricchiolare il disegno strategico complessivo di Palazzo Chigi.
Il clima che si respirava tra alcuni fondi internazionali, sentiti dal Foglio, che sono presenti su più partite bancarie in corso era tra lo sconcerto e la soddisfazione per come si è conclusa l’offerta di Bper su Popolare di Sondrio, che ha avuto successo seguendo regole di mercato. Sul fronte Unicredit-Bpm, invece, l’incertezza regna sovrana. L’offerta termina il 23 luglio e per tutto il week end si è assistito a un contraddittorio acceso tra la banca guidata da Andrea Orcel e il governo sull’interpretazione della decisione del Tar del Lazio: la sentenza ha depotenziato il golden power, accogliendo in parte il ricorso di Unicredit, il che equivale a costringere il governo a riscrivere il decreto. Ma con quali tempi? Se Unicredit accettasse un golden power ammorbidito dal Tar e decidesse di andare avanti, dovrebbe chiedere una nuova proroga alla Consob presieduta da Paolo Savona, che già dopo aver concesso la prima si è scontrato con le forze governative.
Come se non bastasse, la Commissione europea afferma che proprio il provvedimento con cui l’esecutivo ha imposto le prescrizioni a Unicredit, potrebbe violare le norme Ue sulle concentrazioni e il diritto comunitario. Si tratta di un parere preliminare, ma si potrebbe aprire un confronto difficile con l’Europa. Il governo ha fatto sapere che risponderà con “spirito collaborativo”, forse per controbilanciare le dichiarazioni del vice presidente del Consiglio, Matteo Salvini, che, quando si è diffusa la notizia della lettera, ha detto che l’Ue deve occuparsi di cose più importanti invece di “rompere le scatole” sulle banche. Dichiarazione alla quale ha replicato l’altro vice premier, Antonio Tajani, facendo osservare che il “golden power è materia di competenza anche dell’Unione europea”. Ci sarebbero tutti gli elementi per inasprire le divergenze all’interno della maggioranza che su questo dossier già si erano manifestate. Ma considerate le preoccupazioni per le tensioni internazionali, lo scontro politico è rinviato a quando si capiranno meglio gli effetti della reprimenda di Bruxelles: c’è il rischio di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia? Presto per dirlo, ma laddove fosse accertata la violazione del diritto comunitario, lo stato potrebbe sempre appellarsi alla Corte di giustizia Ue, come avevano anticipato i legali del Mef durante l’ultima udienza pubblica del Tar.
Non è escluso che prima di esprimersi la Commissione abbia voluto attendere la decisione del tribunale amministrativo italiano, il che spiegherebbe anche il “giallo” della lettera che doveva arrivare la scorsa settimana. A ogni modo, la Commissione ricorda all’Italia che “gli stati membri possono adottare misure appropriate per tutelare interessi legittimi a condizione che siano compatibili con i principi generali e le altre disposizioni del diritto dell’Ue e che siano appropriate, proporzionate e non discriminatorie”. Vuol dire che il governo non poteva ricorrere al golden power? Poteva farlo, ma sarebbe stato obbligato a confrontarsi con Bruxelles notificando il decreto alla Dg Comp, cosa che non è avvenuta. Tale obbligo è previsto dai regolamenti comunitari per consentire all’authority europea di esercitare la sua competenza sul mercato interno “e per evitare la frammentazione del mercato unico”. Concetto quest’ultimo ribadito non a caso in un momento in cui gli stati sono propensi ad adottare approcci di sovranismo finanziario.