Unicredit-Bpm, il giallo della lettera e lo scontro rinviato con l'Ue

Mariarosaria Marchesano

Golden power italiano sotto esame, ma Bruxelles prende tempo. La Commissione europea smentisce pressioni su Roma per l’ops Unicredit-Bpm. Ma punta a rivendicare il primato comunitario sulle fusioni bancarie oltre soglia. E intanto l'offerta pubblica di scambio sembra destinata a decadere

Non c’è nessuna lettera in arrivo da Bruxelles che redarguisce il governo italiano per l’uso del golden power su Unicredit-Banco Bpm. Lo ha precisato una portavoce della Commissione europea per i servizi finanziari, sconfessando l’indiscrezione di Bloomberg, su un’imminente richiesta al governo Meloni di rimuovere i paletti posti all’ops dell’istituto guidato da Andrea sulla banca milanese. Sul golden power – su cui è attesa a ore anche la sentenza del Tar del Lazio - non è stata presa alcuna decisione. “Non abbiamo neanche concluso alcuna valutazione preliminare e non è stata inviata alcuna lettera. A fine maggio abbiamo inviato un paio di domande all’Italia. Abbiamo ricevuto la risposta e stiamo esaminando la questione”, ha detto la portavoce. Una precisazione che ha tranquillizzato il governo. Bruxelles assicura che si sta lavorando per arrivare a una conclusione “il più rapidamente possibile”. Ma quanto rapidamente? L’ops di Unicredit su Bpm scade il 23 luglio e, a meno che non arrivi una proroga, che però appare improbabile avendo la Consob già concesso una sospensione a causa  delle incertezze normative, pare destinata a decadere

   
In questo momento, però, alla Commissione Ue più che influenzare l’esito del singolo dossier interessa stabilire un principio di competenza comunitaria in casi di fusioni e acquisizioni di banche che superino determinate soglie critiche come nel caso di Unicredit-Banco Bpm. Secondo quanto risulta al Foglio da fonti tecniche qualificate di Bruxelles, la vicenda italiana è diventata un casus belli perché il progetto di aggregazione è stato notificato alla Dg Comp, a differenza di quanto avvenuto, ad esempio, in Spagna per l’operazione tra Bbva e Banco Sabadell, di cui si è occupata l’Antitrust nazionale. Eppure, in entrambe le situazioni, i rispettivi governi (quello conservatore di Giorgia Meloni e quello socialista di Pedro Sánchez) sono intervenuti per porre delle prescrizioni in nome della tutela del risparmio, dell’occupazione e dei territori. Ma per quanto i due progetti appaiano simili, presentano caratteristiche tecniche diverse, soprattutto in termini di quote di mercato post fusione. 

   
Pertanto, nel momento in cui fa ricorso al golden power, il governo Meloni se la deve vedere con Bruxelles, mentre l’esecutivo di Sánchez è libero di sbrigare la questione a Madrid
. Seguendo questa impostazione, anche l’integrazione di Unicredit con Commerzbank diventerebbe un affare europeo il giorno in cui la banca di Andrea Orcel dovesse decidere di lanciare un’opa su quella tedesca con l’obiettivo di inglobarla. Per quanto a Berlino il governo di Friedrich Merz continui a definire ostili le mosse di Unicredit  (ha raddoppiato dal 10 al 20 per cento la quota detenuta di Commerzbank convertendo gli strumenti derivati), se il progetto dovesse andare avanti, l’autorità competente sarebbe  la Dg Comp a Bruxelles. Probabile che Orcel non osi sfidare la Cancelleria di Merz, che ha anche dichiarato che lo stato non cederà la sua partecipazione, ma questa è un’altra storia.

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