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la sfida

La Commissione Ue contesta al governo l'uso del golden power sull'ops Unicredit-Banco Bpm

Mariarosaria Marchesano

Bruxelles sempre più preoccupata delle tendenze sovraniste dei governi in campo bancario. Da questo la decisione di chiedere all'Italia di ritirare il golden power. La lettera in cui si chiede la revoca delle prescrizioni imposte a Unicredit

I primi di luglio, durante “Les rencontres economiques”, un forum economico di rilevanza mondiale che si svolge ogni anno in Francia ad Aix en Provence, è filtrato, nel dibattito finale a cui ha partecipato l’ex premier Enrico Letta, che la Commissione europea è molto vicina ad adottare  provvedimenti per accelerare il mercato unico dei capitali e favorire l’unione dei risparmi e degli investimenti. Insomma, Bruxelles, sempre più preoccupata dalle tendenze sovraniste dei governi in campo bancario e finanziario, vuole dare il segnale che questo approccio va nella direzione opposta rispetto a quella che serve all’Unione europea. È questo il clima in cui è maturata la decisione di chiedere al governo italiano di ritirare il golden power imposto a Unicredit per l’acquisizione di Banco Bpm. Dopo la richiesta di chiarimenti di qualche settimana fa, a cui Roma aveva già replicato confermando le sue ragioni, secondo quanto riportato  dall’agenzia Bloomberg, da Bruxelles sta per partire una nuova lettera  in cui, non solo si confermano i dubbi sulla fondatezza dei motivi che hanno spinto l’esecutivo di Giorgia Meloni a utilizzare i poteri speciali, ma si arriva chiedere la revoca delle prescrizioni imposte a Unicredit. 


Il mancato rispetto di tali termini potrebbe comportare l’avvio di una procedura d’infrazione. Considerando che domani si tiene l’udienza finale del Tar del Lazio proprio sulla legittimità dell’uso del golden Power nel caso Unicredit-Banco Bpm, la notizia ha riacceso l’entusiasmo degli investitori  che hanno fatto guadagnare il 4,5 per cento al titolo di Banco Bpm e quasi il 2 a quello di Unicredit. Che, però, tutto questo possa condurre a un esito dell’ops del gruppo guidato da Andrea Orcel sulla banca milanese diverso da una decadenza è molto difficile. L’offerta, partita a fine giugno, scade il 23 luglio e avrebbe troppo poco tempo per andare in porto, anche se il Tar si dovesse esprimere a favore di Unicredit. La sentenza, infatti, sarà comunicata solo nei prossimi giorni e, comunque, entrambe le parti si possono sempre appellare al Consiglio di stato. Inoltre, anche la Commissione Ue darà  qualche settimana al Mef per le controdeduzioni prima del giudizio finale


A questo giro, insomma, è più plausibile che Orcel rinunci o rinvii i suoi piani su Bpm, ma avrà l’opportunità di stabilire una volta per tutte quale sia il quadro delle regole entro cui in futuro potranno muoversi il suo e altri gruppi bancari che puntano a espandersi in Italia. L’approccio di rottura che ha sempre utilizzato il banchiere nelle sue iniziative ha il difetto di essere mal tollerato dalla politica, a Palazzo Chigi come alla Cancelleria tedesca di Friedrich Merz per l’iniziativa su Commerzbank, ma ha il pregio di avere fatto emergere su quali macroscopiche contraddizioni si snoda il percorso per l’Unione bancaria che tutti dicono di volere ma che, in realtà, entra in collisione con l’ambizione dei governi a controllare le leve della finanza e del credito. Ora, però, l’urgenza di rafforzare la competitività dell’Unione europea nella gestione del risparmio e degli investimenti privati, che vuol dire impedire che 300 miliardi all’anno di ricchezza defluiscano verso gli Stati Uniti andando a finanziare il debito e le imprese di quel paese, sembra avere dato alla Commissione Ue lo stimolo per imprimere un’accelerazione


Il caso del golden power italiano rappresenta l’occasione per per tenere il punto su una questione cruciale, tanto più che i poteri speciali sono stati utilizzati per impedire l’aggregazione tra due banche dello stesso paese. Certo, l’Italia non è sola in questa politica. C’è ad esempio il caso della Spagna, dove il governo Sánchez ha imposto paletti rigidi per ostacolare l’offerta di Bbva su Banco Sabadell, che però  sta andando avanti. Ma c’è anche il caso del Portogallo: è vero che il governo di Lisbona si era opposto all’acquisizione di Novo Banco da parte della spagnola Caixa, ma ha lasciato che andasse in porto l’offerta di un’altra banca straniera, il gruppo francese Bpce. Restano le ostilità dimostrate in Germania da Merz nei confronti della stessa Unicredit e il sorprendente stop espresso di recente all’assicurazione unica sui depositi bancari. La vera sfida della Commissione sarà fare in modo che i governi, con la loro insistente difesa dei piccoli confini domestici, non finiscano per porsi al di fuori del percorso europeo verso il mercato unico dei capitali.