Il gioco pericoloso di Meloni, al traino di Macron, sull'accordo Ue-Mercosur

Luciano Capone

La Francia nelle ultime settimane ha intensificato gli sforzi diplomatici per costituire una minoranza di blocco contro il trattato commerciale. L'Italia è l'ago della bilancia, ma si sta accodando a Parigi (contro il proprio interesse nazionale)

A Buenos Aires si sono riuniti i paesi del Mercosur, l’area di libero scambio che unisce Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Il vertice ha sancito il passaggio di consegne al vertice dell’organizzazione tra l’argentino Javier Milei e il brasiliano Lula. La stretta di mano tra il libertario e il socialista è stata gelida. I due non si sopportano per motivi ideologici e anche di contingenza politica, dato che Lula si è recato a visitare la nemica politica di Milei, l’ex presidenta Cristina Kirchner, che è agli arresti domiciliari dopo la condanna definitiva per corruzione. I due sono divisi anche sul futuro del Mercosur, dato che il presidente dell’Argentina chiede un incisivo abbattimento delle barriere comuni del blocco sudamericano che storicamente è molto chiuso (“Se questo non dovesse accadere l’Argentina andrà avanti da sola”).

Su una cosa però, persino Lula e Milei vanno d’accordo: l’accordo di libero scambio tra Unione europea e Mercosur. “È un’opportunità storica per consolidare l’associazione strategica basata sulla complementarità delle nostre economie”, ha detto Milei. Mentre il presidente del Brasile si è detto “sicuro” che “entro la fine dell’anno” sarà concluso anche l’accordo con l’Unione europea. Ieri, intanto, è stato raggiunto un accordo tra Mercosur ed Efta (i paesi europei che non fanno parte dell’Ue come Islanda, Norvegia e Svizzera) analogo a quello siglato con l’Unione europea, che abbatte dazi e barriere sul 97% delle esportazioni.

Per arrivare all’approvazione definitiva del trattato siglato lo scorso dicembre in Uruguay da Ursula von der Leyen, Lula dovrà convincere Emmanuel Macron che è il capofila del fronte degli oppositori. La missione non è affatto semplice, dato che la Francia nelle ultime settimane ha intensificato gli sforzi diplomatici per costituire una minoranza di blocco: per far saltare il trattato serve il veto di almeno quattro paesi dell’Ue che rappresentino almeno il 35% della popolazione. Del blocco del No fanno parte Francia, Austria, Irlanda e poi ci sono paesi scettici come Olanda e Polonia.

L’Italia, in questo scenario, è l’ago della bilancia. Il governo Meloni, come gli altri paesi molto sensibile alle proteste degli agricoltori, critica l’accordo che però è vantaggioso per l’economia italiana, fortemente vocata all’export, visto l’abbattimento di dazi e barriere per tutti i settori industriali e dei servizi. Il fronte del Sì è capeggiato dalla Spagna, che ha forti legami economici e culturali con il Sud America, e dalla Germania che, essendo una potenza manifatturiera, ha grandi vantaggi dall’abbattimento dei dazi (soprattutto dopo le politiche protezionistiche di Donald Trump). L’Italia ha entrambi i vantaggi, culturali ed economici, ma fa il gioco del fronte del No.

Nelle settimane scorse, il ministro per gli Affari europei Tommaso Foti e l’omologo francese Benjamin Haddad hanno emesso un comunicato congiunto critico dell’accordo Ue-Mercosur. Pochi giorni dopo un’altra nota congiunta, ancora più dura, contro l’accordo è arrivata al termine dell’incontro tra il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e l’omologa francese Annie Genevard. È il risultato della campagna diplomatica di Parigi.

Lollobrigida ha spiegato al Foglio che quel comunicato è frutto di “priorità incrociate”, dato che Parigi è per il No mentre Roma punta a ottenere delle compensazioni. Ma è un gioco pericoloso, che preoccupa l’industria: il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, in questi giorni ha detto che bisogna “accelerare tantissimo sul Mercosur”. Anche il Pd incalza il governo: “È interesse strategico dell’Europa fare aggregazioni regionali invece di guerre commerciali – dice il responsabile Esteri Peppe Provenzano –. Ed è interesse nazionale penetrare in realtà con cui abbiamo legami di sangue, culturali ed economici”.

La Commissione Ue presenterà nei prossimi giorni i testi ai governi, magari con qualche compensazione collaterale. L’ intenzione di Bruxelles è di chiudere l’accordo. Alla fine Meloni dovrà decidere se stare dalla parte della Francia di Macron o di Von der Leyen e degli interessi dell’Italia.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali