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fino all'ultimo soldo
Il risiko stringe: Mediobanca e Mps studiano le ultime mosse. Sorprese? Difficile
Per difendersi dalla scalata di Montepaschi, Nagel si gioca l'ultima carta e aggiorna il piano industriale al 2028. Nel frattempo a Siena si fanno già i conti su quale potrebbe essere il rilancio sul prezzo offerto agli azionisti della banca milanese per la conquista di Piazzetta Cuccia
Prima la mossa di Banca Generali, poi gli esposti in procura, adesso gli extra dividendi. Le sta provando proprio tutte il management di Mediobanca per provare a difendersi dalla scalata di Montepaschi, che giovedì sera ha deliberato l’aumento di capitale fino a 13,2 miliardi necessario a far partire l’offerta pubblica di scambio a metà luglio. Al netto di sviluppi giudiziari o di indagini della Commissione europea, quella che si profila è una lotta fino all’ultimo soldo per la conquista di Piazzetta Cuccia. Nulla di strano: se è vero che a decidere deve essere il mercato – cosa che anche esponenti del governo stanno auspicando per evitare di essere tacciati di ingerenze nel risiko bancario – allora vuol dire che l’aspetto economico diventa determinante. E’ così che, di solito, funziona quando la palla passa agli azionisti.
Su questo terreno l’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, prova a giocarsi un’ultima carta: ha aggiornato il piano industriale al 2028 prevedendo la distribuzione di 4,9 miliardi di cedole, di cui 4,5 miliardi cash. Vuol dire che il 100 per cento dei profitti prodotti nei prossimi tre anni finiranno nelle tasche dei soci. Tale ipotesi è basata sull’assunto di una Mediobanca, come si suol dire, “stand alone” e senza Banca Generali. Nel caso in cui fosse possibile creare un polo tutto italiano del wealth management con Banca Generali, piano, però, che sarebbe stato bocciato dall’assemblea di Mediobanca del 16 giugno qualora si fosse tenuta, allora gli obiettivi economici potrebbero essere anche più ambiziosi.
Come risponderà la banca senese? Per adesso, Lovaglio non sembra preoccupato dei denari in più che Nagel ha messo sul piatto e va avanti per la sua strada nella convinzione che il progetto per la nascita del terzo bancario del paese sia il vero punto di forza della sua proposta. In realtà, dietro le quinte si fanno già i conti su quale potrebbe essere il rilancio sul prezzo offerto agli azionisti di Mediobanca che agli attuali livelli di concambio continua a presentare uno sconto, seppure non tanto ampio come qualche mese fa.
Mps ha in questo momento un Cet1, che è l’indice che misura la forza patrimoniale di una banca, pari al 19,6 per cento, tra i più alti d’Europa. Possiede, dunque, la capienza finanziaria per mettere sul piatto un premio per provare a convincere i soci indecisi visto che il fronte già propenso ad aderire all’ops, supera il 40 per cento. E, però, i soldi contano anche per i simpatizzanti del progetto di aggregazione senese soprattutto se si considera che la maggior parte dei soci di Mediobanca gestisce risorse di altri investitori (fondi) oppure le pensioni degli iscritti (le Casse) o si tratta di società quotate in Borsa che rispondono anche a parti terze. Per quanto sia omogeneo e dato in crescita lo schieramento favorevole a Siena, la mossa di Nagel di offrire più dividendi e contemporaneamente di chiedere alla Consob che Mps pubblichi gli obiettivi di risultato al 2028 aggiornati con soglia di adesione inferiore al 50 per cento (scenario difficile, ma che non si può escludere) offrirà a Siena nuovi elementi su cui ragionare.
A meno di sorprese,comunque, l’operazione dovrebbe poter fare il suo corso in termini di mercato come accadde quando Intesa Sanpaolo chiuse la partita su Ubi Banca con un rilancio cash o come ha appena fatto Banca Ifis per mandare in porto l’offerta su Illimity Bank (ieri anche Corrado Passera ha annunciato che consegnerà le sue azioni). Proprio queste esperienze, però, suggeriscono che se ci sarà un rilancio economico da parte di Mps avverrà negli ultimi giorni dell’offerta che dovrebbe terminare i primi di agosto. Dunque, le prossime settimane daranno finalmente una svolta a questo grande romanzo bancario in cui si stanno inserendo due variabili per così dire esterne. La prima è la posizione di Banca Mediolanum e della famiglia Doris in Piazzetta Cuccia, che, secondo indiscrezioni, potrebbe essere alleggerita per evitare di essere coinvolta in una guerra finanziaria che ha come obiettivo finale il controllo di Generali. Per Antonio Tajani, che all’interno del governo è colui che maggiormente propende a lasciare spazio al mercato, sarebbe un bel sollievo. La seconda variabile è la querelle tra gli eredi Del Vecchio proprio sulle partecipazioni finanziarie e bancarie di Delfin, la cassaforte di famiglia guidata da Francesco Milleri, che è socia sia di Mps che di Mediobanca. Ma qui i tempi si prospettano più lunghi e se l’esito di questa storia di eredità avrà un’influenza anche sugli assetti bancari si vedrà solo più avanti.