
Risiko e diplomazia
Le due strategie del governo per una svolta su Generali e Bpm
La carta del Golden Power su Nataxis e il sostegno alla campagna tedesca di Orcel. Pedine in movimento. Gli esposti alla Consob
L’appello dei banchieri centrali europei a non ostacolare l’unione bancaria e il mercato unico dei capitali con i veti alle aggregazioni tra istituti è accolta con freddezza nelle stanze di Palazzo Chigi. La posizione del governo Meloni sulle operazioni in corso in Italia, che, come ha rivelato il presidente della Consob, Paolo Savona, ha generato ben 54 esposti alla Consob, resta quella di proteggere il risparmio. Questione di sicurezza nazionale, che ha giustificato il ricorso al Golden Power nella partita Unicredit-Banco Bpm e potrebbe – secondo quanto risulta al Foglio – giustificare un intervento su Generali per impedire alla compagnia di andare avanti con Natixis.
Un punto irrinunciabile, a prescindere da quello che sarà in futuro l’assetto azionario del Leone, è, per l’esecutivo, il controllo stabile della governance in una partnership sul risparmio che, secondo gli accordi attuali, prevede, invece, un’alternanza ogni quattro anni con i francesi. Ma questo orientamento i vertici del Leone lo hanno ormai recepito tant’è che sul dossier Natixis è calato il silenzio e ogni ulteriore valutazione è stata rinviata a ottobre, quando sarà chiarita la partita Mps-Mediobanca. Però, poi, lo scenario del risiko è molto in movimento e nei ragionamenti che fa il governo ci sono punti fermi insieme con possibili aperture proprio nei confronti di Unicredit, in bilico in Germania con Commerzbank. E’ indubbio che i rapporti con il ceo, Andrea Orcel, non sono stati finora idilliaci: visioni troppo distanti sul ruolo che una grande banca debba svolgere tra mercato, mondo produttivo e sistema paese, ma anche un istinto di protezione nei confronti di Banco Bpm, in particolare della Lega, tanto forte da preferire come interlocutore la francese Crédit Agricole, attuale primo azionista e disponibile a lasciare autonoma la banca milanese, all’italiana Unicredit. Ma non sarebbe tanto questione di nazionalità, anche se nella risposta a Bruxelles che ha eccepito sul Golden Power, il Mef ha ribadito che il 60 per cento di Unicredit è nelle mani di fondi extra Ue, quanto di affidabilità, di garanzie, che Orcel non ha mai fornito. Anzi, il via libera all’operazione da parte dell’Antitrust europeo condizionato alla cessione di 209 sportelli nel profondo nord, tra Verona e Novara, è, agli occhi del partito di Matteo Salvini, la prova che la fusione con Unicredit va evitata a ogni costo. “Se la situazione continua così, Unicredit probabilmente si ritirerà”, ha detto e ripetuto Orcel in questi giorni suscitando qualche ilarità negli ambienti di Bpm (della serie “non ci crediamo finché non lo vediamo”) e indotto il presidente, Massimo Tononi, a specificare che, a prescindere dalla questione Golden Power, “l’offerta di Unicredit è insoddisfacente dal punto di vista finanziario”.
Al di là di queste schermaglie, la partita è agli sgoccioli ed è proprio a questo punto della storia che il ragionamento in corso a Palazzo Chigi prende una piega nuova: se Unicredit rinunciasse davvero a Bpm, il governo sarebbe disposto a facilitare in futuro il confronto tra la banca di Orcel e la cancelleria tedesca di Friedrich Merz su Commerzbank. Non uno scambio di favori, ma l’inizio di un nuovo rapporto con Unicredit fondato su obiettivi comuni e condivisi. Che questa potrebbe essere una strada percorribile è già chiaro ai piani alti di Unicredit, ma non è detto che Orcel la trovi convincente. Ha già provato a sostenere il fronte che chiedeva una discontinuità nella governance di Generali, votando a favore della lista Caltagirone all’ultima assemblea e il suo arrivo in Mediobanca è stato considerato una conferma di quella linea, ma non per questo il percorso verso Bpm è diventato più facile. Inoltre, quali reali possibilità ha il governo italiano di facilitare la scalata di Unicredit in Germania, dove il timore che venga a mancare il sostegno all’economia e alle pmi è lo stesso argomento usato in Italia per bloccare Unicredit su Bpm?
Una differenza, però, c’è. Unicredit possiede già circa il 30 per cento di Commerzbank e questo è un fatto con cui la Germania deve fare i conti perché se Orcel lanciasse un’opa potrebbe andare in porto a meno che Merz non cercasse di fermarla contraddicendo la posizione del presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, che si è appena dichiarato favorevole all’unione bancaria come tassello fondamentale per la costruzione europea. Se Orcel ha un merito è quello di avere stimolato i banchieri centrali sul tema. Qualcuno vede questa come una sintesi possibile. È, evidente, però, che sarebbe impraticabile senza un impegno in prima persona della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che con le diplomazie europee ha in questo momento altri fronti aperti.

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