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Eurobond, ma come? Panetta e Blanchard, due proposte simili eppure molto diverse

Luciano Capone

Per rafforzare l'autonomia strategica dell'Europa serve un debito comune. Ma è impossibile farlo proponendo mutualizzazioni e unioni fiscali: è ciò che ha capito il governatore della Banca d'Italia (ma non l'ex capo economista del Fmi)

Si ritorna a discutere di Eurobond. I tempi forse non sono maturi, ma sono propizi. La scorsa settimana, nelle sue Considerazioni finali, il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, ha rilanciato la proposta di un “Patto europeo per la produttività”: l’emissione di un titolo comune europeo che avrebbe un duplice ruolo, da un lato finanziare gli investimenti per i beni comuni europei (innovazione tecnologica, transizione energetica e difesa) e dall’altro costituire il safe asset necessario a sviluppare il mercato europeo dei capitali. In contemporanea Olivier Blanchard, ex capo economista del Fmi, e Ángel Ubide hanno lanciato attraverso il Peterson Institute un’altra versione di Eurobond. Le due proposte sono apparentemente analoghe, eppure molto diverse.

Blanchard e Ubide partono dal presupposto che nello scenario attuale, in cui l’Amministrazione Trump sta mettendo in discussione il ruolo di valuta di riserva del dollaro, la creazione di un grande mercato obbligazionario europeo rafforzerebbe l’autonomia strategica dell’Europa e consentirebbe di intercettare il flusso di capitali che cerca un’alternativa al debito americano dopo il declassamento di Moody’s e le idee strane dei consiglieri di Trump sulla ristrutturazione dei Treasury. Ma il mercato europeo è troppo piccolo e frammentato per costituire un’alternativa al mercato obbligazionario americano. Il mercato del bund tedesco, il titolo europeo più sicuro, è grande circa un decimo di quello statunitense. E tutte le obbligazioni dell’Ue sono circa un terzo di quelle tedesche: anche se le emissioni europee dovessero aumentare, non raggiungerebbero mai la dimensione necessaria per competere con i Treasury Usa.

La proposta di Blanchard per allargare questo mercato è quella di sostituire un pezzo dei debiti nazionali con Eurobond. Questo debito europeo deve essere sufficientemente grande e sicuro, pertanto “privilegiato” rispetto ai debiti nazionali. A garanzia degli Eurobond gli stati nazionali dovrebbero mettere un pezzo del gettito Iva per il pagamento degli interessi. Su queste basi si potrebbero emettere titoli europei (in cambio di titoli nazionali) per il 25% del pil (5 mila miliardi di euro). La conseguenza sarebbe la nascita di un debito a due livelli, uno comune e 20 nazionali, che comunque dovrebbe portare a un tasso di interesse medio inferiore per ciascun membro rispetto a quello precedente, per effetto di un mercato più grande ed efficiente.

La proposta di Panetta, invece, è apparentemente meno ambiziosa. Si tratterebbe semplicemente di replicare il sistema del Next Generation Eu per finanziare, come dopo il Covid, investimenti per “beni comuni” in ambiti come l’innovazione e la difesa, dove tutti gli stati mostrano di avere difficoltà e dove ha senso ridurre le asimmetrie. Prendiamo le spese per la difesa: l’Italia ha un debito alto ed è molto distante dalla Russia, mentre al contrario i paesi baltici hanno un debito basso ma sono sotto la diretta minaccia di Putin. In questo caso ha perfettamente senso, per produrre un “bene comune” come la sicurezza, mettere in comune garanzie e problemi per evitare che prevalgano gli interessi e gli egoismi nazionali.

Panetta, in un discorso tenuto a dicembre 2024, ha ipotizzato di finanziare con eurobond un quarto degli 800 miliardi annui di investimenti indicati dal Rapporto Draghi: insieme alle altre emissioni esistenti, il debito comune arriverebbe nel giro di qualche anno al 10% del pil. L’obiettivo del Productivity compact sarebbe, appunto, quello di creare un mercato dei capitali che farebbe abbassare il costo del debito e aumentare la produttività dell’economia europea. Da un lato gli investimenti pubblici sarebbero diretti verso obiettivi strategici dell’Unione europea in un mondo che si fa più complicato, dall’altro un mercato dei capitali più efficiente potrebbe offrire migliori opportunità a centinaia di miliardi di risparmi che gli europei investono all’estero (prevalentemente negli Stati Uniti).

Le due proposte, apparentemente simili, sono però molto diverse. Non per un criterio economico, ma politico. L’ipotesi di Blanchard prevede una mutualizzazione del debito nazionale e la costituzione di un’unione fiscale, esattamente ciò che i paesi del nord Europa vedono come il fumo negli occhi: è la proposta perfetta per essere rifiutata dalla Germania. Non a caso, sono elementi che mancano nella proposta di Panetta. Che, anzi, nel discorso di lancio dell’European productivity compact aveva specificato: “È  importante essere chiari: questa proposta non implica la creazione di una fiscal union né richiede un ministro delle finanze europeo o meccanismi di trasferimenti sistematici tra paesi”.

Non era una premessa a caso: è la condizione politica necessaria per poter fare dei passi in avanti.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali