aridaje coi dazi

Trump a sorpresa: tariffe del 50 per cento per l'Europa dal 1° giugno. Borse giù

Mariarosaria Marchesano

Le nuove minacce del presidente statunitense dicono che il conflitto sui dazi con l’Ue non solo è lontano da una soluzione, ma sta salendo di livello. E, per certi versi, potrebbe essere anche più ostico da superare rispetto a quello con la Cina dove un’intesa di massima è stata raggiunta. Come reagirà Bruxelles?

Altro che de-escalation. Il presidente americano Donald Trump torna a fare la voce grossa con l’Europa e “raccomanda” dazi del 50 per cento alle importazioni a partire dal primo giugno. Con il solito annuncio a sorpresa via social, in cui ha anticipato che il negoziato commerciale in corso con Bruxelles “non sta andando da nessuna parte”, Trump ha provocato un nuovo terremoto sulle borse europee (Piazza Affari che ha chiuso con un calo del 2 per cento) e messo di pessimo umore Wall Street, dopo che gli indici si erano ripresi dal tracollo seguito al “Liberation Day” del 2 aprile. 

 
“L’annuncio segna un drammatico inasprimento delle tensioni economiche transatlantiche”, fa notare Tomas Wieladek, capo economista europeo della casa d’investimenti T. Rowe Price, secondo il quale sarà difficile mettere in atto contromisure credibili. “Con il vertice Nato all’orizzonte – osserva l’analista -  qualsiasi contromisura rischia di intrecciare le controversie commerciali con la più ampia cooperazione in materia di sicurezza, cosa che i paesi europei hanno cercato finora di evitare”.

   
Una svolta negativa inaspettata, dunque. Il fatto che Trump avesse annunciato una tregua di 90 giorni e avviato trattative bilaterali con una serie di paesi, in primis Europa e Cina, era stato, infatti, interpretato come un ripensamento della politica protezionistica anche in considerazione dell’impatto negativo generato su dollaro e titoli di stato americani nonché sulle prospettive di crescita. Ma, evidentemente, gli investitori hanno fatto i conti senza l’oste e anche tutti coloro che confidavano nella sensibilità dell’uomo d’affari Trump nei confronti dei mercati azionari. Le nuove minacce del presidente statunitense dicono che il conflitto sui dazi con l’Europa non solo è lontano da una soluzione, ma sta salendo di livello. E, per certi versi, potrebbe essere anche più ostico da superare rispetto a quello con la Cina dove un’intesa di massima è stata raggiunta. Dalle parole del presidente americano si capisce che nei rapporti con il Vecchio Continente la questione commerciale nasconde in realtà un contrasto più profondo che si annida nei principi generali che regolano gli scambi di beni e servizi fissati dall’Unione europea con il resto del mondo e che l’America ritiene di subire in modo particolare. Certamente, per Trump esiste un deficit commerciale che ritiene “inaccettabile” di 250 milioni di dollari all’anno – anche se su come viene calcolato questa somma sono stati avanzati dubbi da diversi osservatori economici internazionali – ma il problema ancora più grande sarebbe rappresentato da barriere non tariffarie di cui gli Stati Uniti vorrebbero l’eliminazione. Di che cosa si tratta? Lo scrive il presidente stesso nel messaggio lanciato sulla piattaforma X: l’applicazione dell’Iva su alcune merci, le cause “ingiustificate” contro le aziende Usa per mancato rispetto della privacy e sul tema della tutela dei consumatori, alcune restrizioni per i servizi hi tech e così via. Insomma, quello che contesta l’America all’Europa è il sistema dei principi e delle regole commerciali che va al di là dell’imposizione di tariffe alle importazioni. E questo equivale a spostare il conflitto su un terreno più ampio. 

  
Come reagirà l’Unione europea? Bruxelles ha deciso di non rispondere prima di conoscere l’esito di un nuovo confronto tra il negoziatore statunitense, Jamieson Greer, e il  commissario per il Commercio Ue, Maros Sefcovic, che si sarebbe dovuto tenere nel tardo pomeriggio di ieri. “L’Unione europea deve trattare col bastone dietro la schiena”, ha osservato Romano Prodi per dire che non si deve piegare sul terreno dei princìpi. È ormai evidente, infatti, che la bilancia commerciale è il tema economico dietro il quale si cela il tentativo di scardinare le regole in tre campi: tassazione, privacy e tutela dei consumatori. Del resto, basta ripescare il famigerato report di novembre scorso di uno dei consiglieri economici di Trump, Stephen Miran, per comprendere, ad esempio, gli Usa considerano l’Iva una forma indiretta di dazio e che aspirano a esportare molti più beni agricoli e mal tollerano gli standard produttivi fissati dall’Unione europea. Se le cose stanno così, il negoziato non sarà una passeggiata: se sul tema aliquote e su maggiori acquisti, per esempio, di petrolio e gas la Ue potrebbe anche essere disponibile a cedere, molto più difficile è trattare su regole di carattere più generale. E’ questo che rende, potenzialmente, il negoziato con Trump più difficile per l’Europa di quanto non lo sia per la Cina che sui princìpi è molto più flessibile.