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Quand'è che il golden power diventa un abuso? Il dossier di Assonime

Stefano Cingolani

Il golden power, nato per tutelare la sicurezza nazionale, si è ampliato fino a interferire pesantemente con operazioni economiche ordinarie, generando incertezza e ostacolando gli investimenti. Assonime propone di limitarne l'applicazione, chiarire le regole e introdurre un testo unico per evitare abusi e inefficienze

Si chiama golden power, ma il potere speciale che il governo si è dato dal 2012 è diventato sempre più diffuso e confuso. Il balzo comincia nel 2020: le notifiche pervenute a palazzo Chigi, partite da appena 83 nel 2019 sono salite a 342, 496, 651 fino a 727 lo scorso anno. Il campo d’intervento si dilata a dismisura, tutto sembra ormai mettere a rischio la sicurezza nazionale: dai semi degli ortaggi ai panettoni. Basti pensare che dal settore della difesa sono pervenute 59 notifiche e dalla tecnologia in senso lato appena 14, mentre arriva un’onda di piena dall’energia, dai trasporti, dalle comunicazioni, dalla vendita di elettrodomestici. È una progressione pressoché geometrica, il primo trimestre di quest’anno ha visto molte più notifiche rispetto allo stesso periodo del 2024, solo a gennaio e febbraio sono state 122 rispetto alle 89 di un anno prima.

Il governo possiede uno strumento di intervento che può essere usato con ampia discrezionalità secondo una logica di dirigismo economico e di protezionismo. Giuristi come Sabino Cassese hanno chiesto di mettere ordine. L’Assonime, l’associazione fra le società per azioni, insieme all’Osservatorio golden power, ha presentato ieri le “proposte di revisione della normativa”, alcune delle quali di vasto impatto, come, ad esempio, “escludere gli acquisti di partecipazioni, gli investimenti, gli atti od operazioni realizzati da soggetti intra-Ue compresi quelli nazionali, nei settori diversi dalla difesa e dalla sicurezza nazionale”. E’ proprio il concetto di sicurezza ad essere diventato ambiguo. Ecco perché, ha sottolineato Stefano Firpo, direttore generale di Assonime, occorre “circoscrivere meglio l’ambito di applicazione della disciplina (su operazioni europee e nazionali o infra gruppo, su piani per le forniture di dispositivi 5G, su possibile estensione alle tecnologie cloud e al trasferimento dei dati), evitando utilizzi delle prescrizioni come obiettivi di politica industriale o di tutela dell’occupazione”


Il riordino dovrebbe passare attraverso un Testo unico sui poteri speciali. Niente interventi a pioggia, ma nemmeno niente più moltiplicazione di notifiche molte delle quali (circa il 50%) vengono poi ritenute infondate dopo aver ingolfato gli uffici di palazzo Chigi. Dunque, semplificare, chiarire, sfoltire. Si propone tra l’altro di aumentare il ricorso alla pre-notifica attraverso un confronto preliminare con il gruppo di coordinamento. L’espansione del golden power finisce per bloccare per molto tempo l’attività delle imprese, crea ostacoli spesso artificiosi agli investimenti nazionali e internazionali, diventa lo strumento per interventi di magistrati, avvocati, azionisti di minoranza, sindacati, di una miriade di soggetti, alimentando la confusione e l’opacità. Anche le sanzioni, spesso molto onerose, possono diventare inutilmente punitive.


L’Assonime non fa nomi né punta il dito, ma è evidente che i due casi più clamorosi riguardano la Pirelli e la Banca popolare di Milano. Il primo in realtà è stato già analizzato dall’associazione. Il governo è intervenuto direttamente sulla governance dell’impresa. L’intento è limitare i poteri del primo azionista, la ChemChina che fa capo di fatto al governo di Pechino. Ma “il divieto di esercizio di direzione e coordinamento e la sostanziale obliterazione delle prerogative connesse al controllo, rappresentano una forte limitazione (sulla stampa si è parlato di ‘sterilizzazione’) delle prerogative del socio che impattano direttamente sulle condizioni dell’investimento in un momento successivo all’acquisto delle partecipazioni”. Ciò rischia di diventare un precedente che viola le regole del mercato. Dunque, maneggiare con cura. Ancor più nel caso della Bpm. Il governo impone condizioni industriali molto specifiche che mettono in discussione la stessa logica industriale dell’opas di Unicredit. Qui il contenzioso è quanto mai aperto, i tempi sono destinati ad allungarsi, ma soprattutto una operazione tra soggetti economici privati e italiani rischia di essere decisa da trattative a palazzo Chigi. 

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