
Il risiko bancario come un romanzo di formazione. Fili per orientarsi
Unicredit, Generali, Mps, Mediobanca: la battaglia per il potere nel cuore della finanza italiana. Tra strategie aggressive e golden power, il risiko bancario si gioca tra predatori e protettori. Tra gli uomini del mercato spunta la vigilanza di Claudia Buch
A parte Bettina Orlopp, amministratrice delegata di Commerzbank, che sta cercando di ostacolare la scalata di Andrea Orcel alla terza banca tedesca, i protagonisti del risiko bancario sono tutti uomini. Profili di alto livello con carriere importanti alle spalle – “trackrecord di successo” come si dice in finanza. Trovarsi a vestire i panni di predatori o di prede sul mercato è la situazione ideale per fare emergere caratteristiche tipiche maschili: lo spirito di sopravvivenza, da un lato, quello di conquista, dall’altro. Il ceo della più grande banca italiana, Carlo Messina, che al momento si tiene in disparte, ha gelato tutti dicendo che la scena è “affollata”. Troppi protagonisti, ma anche tanti rumors di mercato contribuiscono, in effetti, a creare un certo caos al punto che non si riesce più a distinguere la realtà dalle ipotesi più fumose. Per esempio, qualcuno arriva a ipotizzare una sorta di Armageddon, di arma finale: l’opa di Unicredit su Generali. Ma è davvero credibile che Orcel lanci un’operazione da 60 miliardi sulla compagnia triestina? Oddio, in quanto a decisionismo e spirito d’iniziativa, l’amministratore delegato di Unicredit si presenta come il “maschio alfa” dei banchieri europei: aggredisco vari fronti, costringo gli altri a venirmi dietro e poi decido l’opzione migliore, salvo poi dover fare i conti – sul dossier Banco Bpm – con il ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, e il capo di gabinetto del governo, Gaetano Caputi. Altri uomini, delle istituzioni, ma non meno capaci di imporre la propria linea.
Orcel, forte dei risultati raggiunti al timone di Unicredit, compreso un’ingente riserva di capitale che paventa di investire su “altri mercati” se le cose in Italia non si sbloccano, sta provando a scalfire il muro innalzato dal governo Meloni a protezione della banca milanese con il golden power che è stato definito dal senatore Matteo Renzi “uno scandalo assoluto” mentre l’ex premier Giuseppe Conte, che pure fu favorevole all’introduzione della disciplina durante il periodo Covid, dice ora che il governo deve “chiarire”. Comunque sia, l’instancabile ceo di Unicredit, secondo le voci che circolano, starebbe lavorando anche sul fronte Mediobanca che in questi giorni ha visto passare di mano in Borsa circa il 10 per cento del capitale. C’è il suo zampino?
I rumors sono alimentati dal fatto che nei giorni scorsi Orcel è stato avvistato a Milano in compagnia di Francesco Gaetano Caltagirone: può darsi che qualcosa bolla in pentola. Ma, come fa notare qualche analista esperto, un’ipotesi di offerta pubblica di Unicredit su Generali potrebbe essere accarezzata da Orcel solo se vi fosse la matematica certezza di poter contare sullo “sconto” europeo del Danish Compromise. Insomma, si tratta di ipotesi aleatorie, mentre è plausibile che il passaggio di mano di un così ingente pacchetto di azioni di Mediobanca si spieghi con le grandi manovre in vista dell’assemblea del 16 giugno in cui si capirà se i soci sono più orientati ad aderire all’offerta di Montepaschi per dar vita un nuovo gruppo bancario tra “diversi” oppure se vogliono un polo del risparmio tra “affini”, cioè con Banca Generali.
A vedere l’alternativa tra le due opzioni è, però, solo il competente ad Alberto Nagel (“di fusioni e acquisizioni mi intendo qualcosa”, ha detto) perché, fosse per il rivale Luigi Lovaglio, che ha rivelato un insospettabile lato da conquistatore, Mps farebbe un solo boccone di Mediobanca e Banca Generali insieme. Ma ormai il risiko dei banchieri italiani è così, va avanti anche a forza di prove muscolari nella comunicazione mentre le cose certe sono tre.
Una è l’ops di Unicredit su Banco Bpm, partita ufficialmente il 28 aprile. Si chiude a fine giugno e fino ad allora Orcel proverà a mandarla in porto declinando così l’invito di Giuseppe Castagna e Massimo Tononi, rispettivamente ad e presidente della banca milanese, a fare chiarezza subito. Castagna e Tononi, che in questo risiko non sarebbero mai voluti entrare se non per comprarsi la società Anima, hanno dimostrato di sapersi difendere con le unghie e con i denti e hanno provato, anche un po’ ingenuamente, a incalzare Orcel (decidi: ti ritiri o vai avanti?), il quale, però, sta facendo esattamente l’opposto.
Il secondo punto fermo è che Mediobanca non sarà più la stessa perché, qualsiasi decisione prenderanno gli azionisti, il suo futuro è destinato a cambiare rispetto all’attuale configurazione che le consente il controllo della governance di Generali.
La terza certezza è che la compagnia di Trieste, ha due grandi soci, Caltagirone e Delfin che continueranno a spingere per un rinnovamento potendo contare sull’aiuto di Orcel, anche se questi ha appena ribadito che l’investimento nel Leone è di tipo “finanziario”.
Su tutto questo grande riassetto all’italiana vigila una donna, la presidente del Consiglio di vigilanza della Bce, Claudia Buch. Anche lei tedesca, come Orlopp.


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