(foto Ansa)

fusioni complicate

In bilico l'ops di Unicredit su Bpm, ma Bruxelles può contestare il golden power

Mariarosaria Marchesano

Unicredit valuta una via europea per aggirare i vincoli del governo sull’ops su Bpm, ma i tempi stretti e le incertezze sulla legittimità del golden power rendono l’operazione ancora precaria

Esiste una scappatoia europea per Unicredit dai paletti posti da Palazzo Chigi all’operazione con Banco Bpm? A quarant’otto ore dal cda di domenica 11 maggio in cui la banca guidata da Andrea Orcel, oltre ad approvare i risultati del primo trimestre, inevitabilmente discuterà anche su come procedere sull’ops, i consulenti legali stanno scandagliando ogni possibilità. Se la strada di un ricorso alla giustizia amministrativa, che in teoria resta un’opzione percorribile, sta perdendo consensi tra i più stretti collaboratori di Orcel perché finirebbe con l’inasprire la contrapposizione con il governo nel momento in cui è aperta la partita Generali (a proposito, un’indiscrezione di Dagospia voleva ieri Orcel avvistato a Milano in compagnia di Francesco Gaetano Caltagirone a ora di pranzo dalle parti di piazza Borromeo) si fa largo la convinzione che la Commissione europea possa mettere in dubbio la legittimità del ricorso al golden power da parte dell’esecutivo italiano. 

 

Ma il tempo stringe ed è difficile che quand’anche Bruxelles decidesse di muoversi, la decisione finale arrivi in tempo utile per consentire di mandare in porto l’offerta su Bpm, i cui risultati trimestrali in decisa crescita dovrebbero aver fugato almeno i dubbi sulla validità industriale dell’operazione. In teoria, c’è ancora un mese e mezzo perché l’ops, cominciata il 28 aprile, si chiuderà a fine giugno, ma Orcel si trova stretto tra l’esigenza di chiarire a stretto giro le sue intenzioni al mercato (su questo punto è stato fortemente sollecitato dai vertici di Bpm) e quella di prendere ancora un po’ di tempo per capire se da Palazzo Chigi, in mancanza di un nuovo incontro, arrivi almeno una risposta scritta alle considerazioni che la banca ha fatto sulle prescrizioni poste, in particolare quella sul mantenimento di un certo livello di titoli di stato italiani da parte di Anima (società oggi controllata da Bpm). 

 

D’altra parte, i presupposti perché la Commissione europea contesti al governo Meloni il ricorso al golden power per una fusione domestica ci sono, come spiega al Foglio una fonte tecnica che preferisce mantenere il riserbo. E questo sulla base delle regole comunitarie sulla concorrenza, in particolare l’articolo 21 comma 4 del regolamento 139/2004 sul controllo delle concentrazioni, che dice: “Nessuno stato membro applica la propria legislazione nazionale in materia di concorrenza alle concentrazioni di dimensione comunitaria”. Tale norma fa salvo il potere degli stati di tutelare interessi legittimi, ma questi vengono così circostanziati: sicurezza pubblica, pluralità dei media e norme prudenziali. Altri interessi legittimi diversi da questi che un governo intende tutelare devono essere compatibili con i principi generali e le altre disposizioni del diritto comunitario e, in ogni caso, devono essere comunicati previamente alla Commissione europea, la quale informa lo stato membro della sua decisione entro 25 giorni lavorativi. Visto così il regolamento sta ponendo almeno un dilemma all’Antitrust europeo sul caso italiano: intervenire vuol dire aprire un confronto col governo Meloni su un tema delicato, non intervenire significa far passare l’idea che in Europa le aggregazioni tra banche, anche dello stesso paese, sono una strada in salita, come dimostra anche l’altro caso eclatante di intervento statale in Spagna, dove il governo Sánchez ha addirittura promosso una consultazione pubblica sulla fusione in stand by da un anno tra Bbva e Banco Sabadell. Il referendum non è vincolante, ovviamente, per l’esito dell’operazione ma è chiaro che l’intento è fare emergere il dissenso popolare che in Spagna serpeggia su questo matrimonio. 
Ma ci potrebbe essere un ostacolo all’eventuale iniziativa della Commissione Ue su Unicredit-Bpm rappresentato dalla notifica da parte del governo italiano sull’utilizzo dei poteri speciali alla Commissione stessa. Tale notifica potrebbe non essere avvenuta poiché, come ha spiegato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, su questo tema le autorità europee non avrebbero competenza visto che esiste una legge nazionale del 2022 che prevede espressamente la tutela di interessi nazionali. Insomma, come farebbe la Commissione ad agire se non è stata informata? Un punto, questo, che sui rapporti tra Italia ed Europa in campo bancario, solleva almeno qualche dubbio.

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