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Strade in salita

Assedio a Unicredit. Le risposte che il mercato si attende da Orcel e le sberle di Giorgetti

Mariarosaria Marchesano

"Facciano quel che vogliono”, dice il ministro dell'Economia confermando che i margini per aprire un confronto a Palazzo Chigi sono molto ristretti. Il muro del governo sull'operazione Banco Bpm mentre l'ad di Unicredit si prepara a presentare i risultati del primo trimestre 2025

Il commento del ministro Giancarlo Giorgetti sullo stop del governo alla scalata di Unicredit a Banco Bpm (“Facciano quel che vogliono”) è suonato negli uffici dell’ad Andrea Orcel come la conferma che i margini per aprire un confronto con Palazzo Chigi sono ridotti al lumicino. E questo a pochi giorni dalla fatidica data del 12 maggio quando Unicredit, nel presentare i risultati del primo trimestre 2025, sarà sicuramente incalzato da analisti e investitori sull’ops sulla banca milanese, partita ufficialmente il 28 aprile ma sulla quale incombe la possibilità di una retromarcia. Un appuntamento col mercato al quale Orcel vorrebbe presentarsi, come si fa in questi casi, preparato e capace di orientare le aspettative dei suoi azionisti e anche quelli della banca “preda”, cioè Banco Bpm, che devono decidere se aderire o meno all’offerta in corso.

 

Ma non sarà una giornata facile per il banchiere, la cui intraprendenza lo ha portato a giocare contemporaneamente su tre tavoli (Commerzbank, Bpm e Generali) di un risiko infuocato e più che mai “attenzionato” dalla politica. Sull’operazione Banco Bpm, in particolare, Orcel ha incontrato il muro del governo che ha fatto ricorso al Golden Power, sebbene con posizioni differenziate all’interno della maggioranza. “Facciano quel che vogliono” è il modo spicciolo scelto dal capo del Mef per ribadire che l’affare Unicredit-Mps non è gradito a Roma, che è improbabile che Palazzo Chigi modifichi le restrizioni poste, tra le quali il ritiro anticipato dalla Russia e il mantenimento di un certo rapporto tra raccolta e impieghi in Italia, considerate da Unicredit in modo problematico per la gestione della banca e foriere di rischi legali. Come farà il governo Meloni a spiegare in Europa che si sta opponendo a un’integrazione bancaria domestica è un altro paio di maniche e non sembra preoccupare Giorgetti.

 

Detto questo, cioè assodato che si è creato un clima politico ostile all’operazione, Orcel sarà chiamato dal mercato a fornire chiarimenti sulle sue intenzioni: l’offerta su Banco Bpm va avanti o no? In teoria, come hanno messo in evidenza anche i vertici di Banco Bpm nei giorni scorsi, si sono verificate le tre condizioni principali per cui Unicredit ha sempre detto che avrebbe potuto rinunciare all’ops e cioè mancanza del Danish Compromise su Anima, aumento del prezzo pagato per acquisire la società del risparmio gestito, ricorso al Golden Power da parte del governo. Ma si tratta, appunto, della possibilità di rinunciare e non di un automatismo (finezze di operazioni finanziarie complesse). Ed è anche oggettivo che il prezzo offerto da Unicredit, peraltro tutta carta contro carta, è a “sconto” per i soci di Banco Bpm, quando operazioni bancarie del passato insegnano che solo un premio, e per di più in contanti, è la strada per portare a casa il risultato. Insomma, al di là del Golden Power, ci sono anche aspetti tecnici dell’offerta che andrebbero chiariti se su questa partita non incombesse un clima così pesante.

Di fronte al silenzio di Orcel, hanno avuto gioco facile il presidente di Bpm, Massimo Tononi, e l’ad Giuseppe Castagna, nel sottolineare che l’offerta “è del tutto inadeguata sotto il profilo finanziario, del tutto insoddisfacente e non è nell’interesse degli azionisti”. E nell’osservare che non è noto il piano industriale congiunto delle due banche e che non sono state comunicate le iniziative da mettere in campo per ottenere sinergie prospettate solo in termini numerici. Possibile che l’ad di Unicredit si faccia incalzare così senza replicare? Fonti vicine a Gae Aulenti ricordano di avere sempre detto chiaramente che il percorso dell’ops sulla banca milanese è lungo e che la chance del ritiro esiste fino agli ultimi giorni, vale a dire fine giugno. In effetti, chi ha dimestichezza con queste operazioni sa che spesso sono fatte di colpi scena proprio sui titoli di coda e che per prassi gli investitori tendono a consegnare le azioni all’ultimo momento. Però chi, come Andrea Orcel, ha costruito la sua fama anche sulla capacità di dialogare con gli investitori istituzionali e con il mercato in generale non potrà mancare il 12 maggio di dire le cose come stanno. Chi sta seguendo questa storia, cioè tutto il mondo finanziario e non solo, è interessato a sapere, nel caso in cui l’offerta di Unicredit su Banco Bpm dovesse fallire, se la responsabilità è del governo italiano troppo attivo nel settore bancario oppure se la proposta in sé è stata poco convincente fin dall’inizio come sostengono Tononi e Castagna. Forse è arrivato il momento di scoprire le carte.

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