Foto ANSA

La legge che manca

Lavoro, salario, politica: la contrattazione collettiva non basta più

Marco Leonardi

Legge sulla rappresentanza dei sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro, salario minimo legale, fiscalità indicizzata all’inflazione. Il governo non sa che pesci pigliare, e finchè non si agirà sul piano istituzionale i lavoratori perderanno terreno anno dopo anno

“Il lavoro non si realizza solo attraverso il salario”. E’ con questa frase che Maurizio Landini ha aperto la campagna referendaria contro il Jobs Act. Il lavoro è dignità, stabilità, futuro. Ma non basta invocare principi, se non si garantisce il minimo indispensabile: la tenuta del potere d’acquisto.

Il paradosso è che il lavoro in Italia, oggi, va bene. Come ha scritto Bruno Anastasia su il Mulino, siamo ai massimi storici di occupazione: oltre 24 milioni di lavoratori, trainati dal tempo indeterminato. Al centro nord il tasso di occupazione, in percentuale della popolazione in età da lavoro, è a livello europeo mentre rimane rilevante la distanza del Sud. Attenzione tuttavia che l’effetto sul tasso di occupazione è in parte illusorio, esito anche dì un calo demografico che riduce l’offerta di lavoro. Nei prossimi anni il numero degli occupati potrebbe scendere, non per crisi, ma per mancanza di persone in età attiva.

Intanto, la Banca d’Italia ha scritto nel Bollettino n. 2/2025 una cosa molto preoccupante: la contrattazione collettiva nazionale non sarà in grado di recuperare il potere d’acquisto perso dal 2021. Nei servizi, dove i salari reali sono scesi di oltre il 10 per cento, questa constatazione equivale a dire che il sistema non funziona. E nel pubblico, a maggior ragione: se lo stato non garantisce che le retribuzioni crescano almeno come l’inflazione, certifica il declino del potere d’acquisto di milioni di dipendenti.

Il governo rivendica un aumento dei salari reali nel 2024. Vero, ma parziale: è solo un effetto congiunturale, dovuto al blocco dell’inflazione e al rinnovo dei contratti. Nei due anni precedenti i salari reali erano crollati. Il bilancio netto è, e resterà, in perdita. Per fare un esempio: chi guadagna poco più di 35.000 euro annui e quindi ha avuto benefici fiscali quasi nulli, se nel contempo ha avuto aumenti salariali minimi non sufficienti a compensare l’aumento delle tasse dovute al fiscal drag, significa aver perso in quattro anni circa 5.000 euro di potere d’acquisto, il 14 per cento in meno rispetto al 2021. E’ come lavorare per due mesi gratis.

La verità è che il governo non sa che pesci pigliare, tutto l’aiuto fiscale e contributivo è stato dato ai redditi bassi e quella leva si è esaurita. I bassi salari dipendono da fattori strutturali: la produttività stagnante, le piccole imprese, la scarsa innovazione. Ma anche da fattori istituzionali: l’assenza di un salario minimo, la debolezza della contrattazione collettiva nei settori dell’economia – servizi e pubblico impiego – che valgono l’80 per cento del pil. Un sistema che non garantisce il mantenimento del salario reale non è sostenibile. Può aiutare la disinflazione, sì, ma a scapito dei lavoratori.

Serve una legge sulla rappresentanza che finalmente stabilisca chi può firmare i contratti collettivi, in quali settori, e con quali regole vincolanti. Non è accettabile che un contratto si rinnovi con due, tre, quattro anni di ritardo. I tempi devono essere certi: qualche mese, non di più. Altrimenti, la contrattazione diventa una liturgia inefficace, e il salario reale un’illusione.

Le soluzioni sono note: legge sulla rappresentanza dei sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro, salario minimo legale, fiscalità indicizzata all’inflazione. Ma finché non si agisce sul piano istituzionale, continueremo a raccontarci che la contrattazione copre tutti i lavoratori e va bene così e che ogni cambiamento è rischioso e negativo, mentre i lavoratori – specie nei servizi e nel pubblico – perdono terreno anno dopo anno. E qui i sindacati sono davvero colpevoli, hanno sempre pensato di fare tutto da soli senza l’aiuto della legge, mentre i salari reali scendevano