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Le auto elettriche vanno meglio (eccetto Tesla), ma non basta né per la transizione né per l'industria

Antonio Sileo

Il mercato auto europeo resta stagnante, con immatricolazioni in calo nonostante la crescita delle elettriche. Tesla crolla, Stellantis zoppica e l’elettrificazione forzata mostra tutti i suoi limiti strutturali e industriali 

L’industria dell’auto pur non avendo la febbre alta, non ha certo intrapreso un percorso ricostituente. A marzo nei 27 paesi dell’Unione europea sono state immatricolate in tutto poco più di 1 milione di autovetture, con una flessione dello 0,2 per cento rispetto a marzo 2024. Nel primo trimestre 2025 il calo è stato del 1,9 per cento rispetto allo scorso anno, ma se si guarda a prima della pandemia, e cioè al 2019, il crollo, sempre secondo i dati Acea, l’associazione che raggruppa le case che producono in Europa, è del 18,5 per cento. E ciò benché le vendite di auto elettriche – che la Commissione von der Leyen (che medico pure lo sarebbe per davvero) continua a ritenere la migliore e unica cura per l’atmosfera del pianeta – vadano piuttosto bene. Più del 17 per cento la crescita nel mese di marzo, quasi il 24 per cento nel primo trimestre di quest’anno rispetto al 2024.

E’ evidente – e prima o poi lo sarà anche ai decisori Ue – che se si acquistano più auto elettriche, ma se ne immatricola meno in totale non si sta poi dando un contributo fondamentale alla decarbonizzazione dell’enorme parco circolante europeo, che continua a crescere e dove le elettriche pesano appena il 2 per cento. La cui quota di mercato nel 2024 è stata del 13,6 per cento, un valore troppo basso per evitare sanzioni milionarie alla gran parte delle case automobilistiche, tanto da spingere la Commissione a intervenire con un emendamento che spalma gli obiettivi per il 2025 fino al 2027.

Nei primi tre mesi di quest’anno la quota di mercato di vetture totalmente elettriche è cresciuta fino al 15,2 per cento, un valore ben lontano dagli obiettivi, ma che almeno ha visto crescere le grandi case europee e per contro ha segnato il fragoroso tonfo di Tesla – un clamoroso meno 45 per cento – che delle vetture elettriche può essere considerata alfiere e, giusto ricordarlo, artefice di popolarità. Un andamento pessimo, trainato dal crollo nel mercato tedesco, di gran lunga il maggiore d’Europa, dove pure Tesla ha l’unica fabbrica europea: ben meno 62 per cento nel trimestre, a fronte di una crescita delle elettriche prossima al 39 per cento e a una flessione delle immatricolazioni totali del 4,3 per cento.

Quanta parte della débâcle sia da attribuire al troppo attivismo del troppo loquace (e gesticolante) Elon Musk è difficile dirlo, ma certamente non può essere considerata trascurabile: basti pensare all’imbarazzo dei proprietari di tutt’altra fede politica e all’apprezzamento in borsa di una sempre più probabile e prossima fine dell’impegno politico o meglio amministrativo di Musk. Crediamo tuttavia che, almeno in Europa, i motivi puramente industriali, chiamiamoli così, siano da considerarsi preponderanti, ne citiamo due fondamentali. La corsa di Tesla negli anni scorsi è stata alimentata da un’aggressivissima campagna di sconti, che però ha finito con distruggere significativamente il valore delle vetture: privati e aziende si sono ritrovati al volante di auto acquistate a un prezzo ben più alto di quelle vendute poche settimane dopo (da notare che si tratta dell’esatto contrario di quanto accaduto alla generalità delle altre vetture). Difficile che un acquirente così scontento resti fedele al brand. Altro punto di rilevante debolezza è una gamma di soli quattro modelli, ormai attempati e già più volte aggiornati, qui peraltro sicuramente si vedrà il contributo positivo del restyling della Model Y, arrivata su strada solo a marzo. Vi è poi la concorrenza degli altri produttori, che a differenza di Tesla propongono svariati modelli, in quest’ambito viene sempre citata Byd, come avanguardia delle tante forze cinesi, tuttavia nel citarne il successo a discapito di Tesla, sovente si ricorda che il colosso orientale vende e in parte rilevante anche ibride plug-in.

Speculare la situazione di Stellantis, che segna una flessione del 14 per cento nel primo trimestre 2025, e però di modelli tutte le alimentazioni, ne avrebbe fin troppi. Spiace infatti constatare che a differenza dei marchi gestiti da Volkswagen e Renault, i tanti in mano a Stellantis hanno gamme che si sovrappongono e modelli che finiscono per farsi concorrenza tra loro, anche quando non si assomigliano troppo. Si attendono rimedi, visto che ci dovrebbe essere consapevolezza del problema. Resta invece l’accanimento sull’elettrificazione di marchi che per storia davvero mal si prestano. Sembra che la pessima performance della 500e Abarth, non abbia insegnato nulla. Eppure, da gennaio a marzo, in Italia, ne sono state immatricolate 21, a fronte di 506 Porsche 911, tanto per capirci.