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Economia reale in allarme

La crisi dell'automazione è una gran finestra sulle crisi italiane

Dario Di Vico

La produzione di macchinari scende dell’11,4 per cento, le consegne nel mercato interno vanno giù del 33,5 per cento. È ora di una Iri al contrario?

Hanno dovuto rivedere le previsioni anche loro, nonostante che quelle di settembre non fossero già particolarmente favorevoli. L’Ucimu-Confindustria, l’associazione dei costruttori di macchine utensili, robot e automazione, ha dato ieri i numeri del 2024 e la sintesi estrema è che si è trattato di “un anno completamente perso”. Ben un terzo del mercato interno infatti si è volatilizzato e sicuramente non sarà recuperato a breve visto che siamo tornati ai livelli del 2016. Ma, attenzione, non stiamo discutendo dei problemi di una categoria di industriali – in fondo anche quantitativamente esigua –, l’indice Ucimu serve molto per fotografare gli andamenti dell’economia reale perché ci racconta l’evoluzione (in questo caso involuzione) della parte preponderante degli investimenti, quelli in macchinari. Ai tempi della gloriosa stagione di Industria 4.0 i numeri dell’Ucimu scandirono il ritmo di una coraggiosa ripresa degli investimenti e della voglia dell’imprenditoria italiana di superare i ritardi del passato. Oggi l’andamento negativo del mercato interno di macchine utensili e robot ci parla di una situazione di stallo degli investimenti ma anche di un mood più generale dell’imprenditoria italiana che non vede chiaro attorno a sé e in fondo si comporta come un elettore sconcertato, si astiene.


Passiamo però ai numeri. La produzione di macchinari per l’automazione è scesa nel 2024 dell’11,4 per cento ma – come già detto – il dato eclatante è quello delle consegne dei costruttori sul mercato interno il cui valore si è fermato a 2.225 milioni di euro, pari al 33,5 per cento in meno rispetto al 2023. Consegne – dice Riccardo Rosa presidente di Ucimu – “zavorrate dalla bassa propensione agli investimenti da parte degli utilizzatori italiani”. Fortunatamente per l’Ucimu il mercato dell’export non ha seguito la stessa piega ma è addirittura cresciuto del 6,3 per cento attestandosi a quota 4.490, nuovo valore record mai raggiunto prima. Facendo, per altro, segnare un rapporto export/produzione pari al 66,6 per cento. Le cause del tracollo del mercato Italia sono molte e Rosa le elenca pazientemente. Al primo posto la strana vicenda di Transizione 5.0, partito come il (ricco) fratello maggiore e più innovativo di Industria 4.0 e impantanatosi in una boscaglia di norme e adempimenti che hanno disaffezionato gli imprenditori che dovrebbero goderne. E’ circa un anno che si parla di Transizione 5.0 e dei mitici decreti attuativi, il guaio è che non siamo ancora fuori dalla babele interpretativa e stiamo aspettando che la legge di Bilancio semplifichi le procedure, riduca gli incartamenti e finanzi quegli investimenti per le transizioni digitale e ecologica di cui abbiamo bisogno come il pane. I ministri per ora promettono ma sta scadendo il tempo massimo e comunque in questi mesi il mercato che sarebbe dovuto schizzare non è di fatto nemmeno ripartito. 


Ma qual è l’umore che si respira nelle aziende a proposito della latitanza degli investimenti? Il presidente Rosa garantisce che nessuno si sta dimettendo dalle sue responsabilità, “le richieste di innovare ci sono ma non si concretizzano, l’imprenditore medio ha voglia di muoversi ma vuol farlo nel migliore dei modi e usufruendo al meglio dei benefici”. Secondo Marco Taisch, docente al Politecnico di Milano e uno degli uomini-chiave del team di lancio di Industria 4.0, “nel determinare quest’atmosfera di attesa contano certe le lungaggini amministrative del 5.0 ma anche gli equilibri geopolitici in continua ridefinizione, prima si aspettavano le elezioni Usa, ora i dazi e il tempo passa”. Dal consuntivo 2024 passiamo alle prime indicazioni sul 2025. I risultati attesi prevedono un ritorno in campo positivo ma con incrementi davvero modesti: le consegne dei costruttori di macchine utensili, robot e automazione risaliranno ma solo dell’8 per cento rispetto al 2024. Insomma di quel terzo del mercato già volatilizzato ne sarà recuperato il prossimo anno circa un quarto e questo scontando che Transizione 5.0 cominci a pompare. L’export invece stavolta resterà pressochè piatto (+0,3 per cento) ma viaggiando comunque su livello da primato. A pesare sul mercato interno sarà sicuramente la crisi del settore industriale-chiave del Paese, l’automotive, che porta con sé non solo i noti problemi della componentistica ma anche meno investimenti in macchinari. Commenta Rosa: “Non c’è chiarezza sulle linee-guida del Paese. Vogliamo diventare un’economia di servizi? E’ questo che mi chiedo e rispondo che senza manifattura l’Italia non va da nessuna parte. Senza l’industria dureranno poco anche i servizi”.

Si torna, quindi, a parlare di politica industriale e del nesso che c’è con i mancati investimenti. Secondo Taisch nessuno assolve il governo per i ritardi nelle semplificazioni di Transizione 5.0 ma la via italiana all’innovazione non può svilupparsi solo a colpi di incentivi per le vendite. “Occorre investire sulla ricerca e sviluppo e questa richiesta deve far parte anche dell’agenda delle associazioni dei produttori. Li aiuterebbe anche ad essere più competitivi all’estero”.


Ma al di là del mercato interno, del suo crollo e della scarsa propensione a investire dell’imprenditoria qual è lo stato di salute dell’industria italiana dei robot? A tirare l’allarme è proprio il direttore di Ucimu, Alfredo Mariotti, secondo cui sul made in Italy dell’automazione incombe lo spettro del ricambio generazionale. Che non si presenta a mo’ di placida staffetta bensì di una Via Crucis fatta di intoppi e vendite allo straniero. Da qui la proposta: “Ci vorrebbe un entità finanziario-industriale capace di affiancarsi ai titolari, portare management, guidare il cambio generazionale. Potremmo chiamarla come un’Iri all’incontrario, quella di ieri alla fin fine investiva in aziende decotte, quella di oggi dovrebbe invece investire in aziende di successo ma che non hanno futuro”.
 

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