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Incognita Stellantis, crollo della produzione e regole da rivedere: l'Automotive scommette su Urso
La filiera automobilistica italiana presenta il bilancio di un 2024 drammatico, mette da parte le polemiche sul taglio al fondo per il settore e spera nell'attivismo del governo a Bruxelles. In attesa del tavolo al Mimit con il gruppo di Elkann
All’assemblea annuale della filiera italiana dell’Automotive che si è svolta ieri a Roma l’elefante nella stanza era uno: Stellantis. Tutta la componentistica dipende in grande misura dall’unico costruttore italiano, che secondo le stime fornite ieri ha quasi dimezzato la produzione di automobili segnando un calo del 45 per cento nel 2024. Se escludiamo i veicoli commerciali e industriali, che riescono a tenere i volumi, la produzione italiana dovrebbe infatti fermarsi sotto le 300 mila unità. “Un dato sconfortante, fonte di enorme preoccupazione per tutta la filiera nazionale che non avrei mai voluto pronunciare”, ha detto il presidente dell’Anfia, Roberto Vavassori.
Per questo tutti gli occhi sono puntati su martedì prossimo, quando si riunirà al ministero dell’Industria e del Made in Italy il tavolo Stellantis, il primo dopo le dimissioni di Carlos Tavares. I motivi di diffidenza non mancano, ma la svolta impressa con la rimozione dell’amministratore delegato pone le basi per un confronto collaborativo dopo il braccio di ferro dei mesi scorsi. Da Jean-Philippe Imparato, il manager a cui John Elkann ha affidato le interlocuzioni con il governo Meloni, ci si aspetta non solo rassicurazioni ma impegni precisi. “Abbiamo chiesto un piano Italia assertivo sul piano industriale, tecnologico e occupazionale, che preveda risorse significative da qui al 2030, così da raggiungere una capacità produttiva di almeno un milione di veicoli, tra veicoli leggeri e auto”, ha detto il ministro Adolfo Urso a margine dell’assemblea, auspicando che Elkann accetti l’invito in Parlamento. L’obiettivo ambizioso, condiviso da Anfia, resta dunque quello di produrre un milione di veicoli.
Eppure i dati del mercato sono impietosi e in confronto la capacità produttiva dell’Europa appare sovradimensionata, come ha ammesso lo stesso Vavassori. “E’ evidente che la produzione europea, che fu di 18 milioni di veicoli nel 2019, non verrà mai recuperata e la sovracapacità produttiva ormai strutturale è un tema dirimente per i costruttori europei”. Primo tra tutti Volkswagen, che le imprese italiane osservano con attenzione. “Se confermasse un taglio di 15 mila dipendenti, come riportato dagli organi di stampa, 45 mila dipendenti perderebbero il lavoro nelle aziende fornitrici, anche quelle italiane”. Secondo Anfia la strada da percorrere a livello europeo passa da un mea culpa di Bruxelles: “Sbagliare è umano, perseverare è diabolico”, ha riassunto lapidariamente il presidente, che richiamando il rapporto Draghi – stampato e distribuito a tutti i partecipanti – ha ricordato la necessità di coordinare le politiche climatiche, industriali e commerciali per non perdere competitività e ha chiarito di non credere ai dazi per fermare l’avanzata della produzione cinese. Anfia scommette tutto sull’opera di convincimento che il ministro Urso sta portando avanti a Bruxelles con il non paper presentato insieme alla Repubblica Ceca, per il momento rigettato dalla vice presidente della Commissione con delega alla transizione green, Teresa Ribera. I punti principali sono un piano di sostegno al settore con risorse economiche comuni, l’anticipo al 2025 della revisione del regolamento europeo sulle emissioni e la neutralità tecnologica come driver per raggiungere la decarbonizzazione.
L’impegno di Urso è cruciale per il settore, che legato a un solo produttore e sfiancato dalle regole europee non ha molte alternative. Le imprese hanno espresso più volte il loro sostegno e hanno perdonato il governo per il taglio al fondo Automotive attuato a sorpresa nella legge di Bilancio. “Mettiamo da parte la polemica, il governo assicura pieno e indiscusso sostegno alle aziende che vogliono essere supportate in piani di investimento e riconversione”, ha detto alla platea degli industriali Vavassori. Il ministro ha garantito che per l’anno prossimo verranno rintracciate risorse almeno pari a quelle previste dal fondo pluriennale, circa 750 milioni, e ha confermato che l’esperienza degli incentivi all’acquisto sarà archiviata per lasciare spazio a misure di sostegno alle imprese. D’altra parte, non c’è solo una situazione congiunturale dietro alla crisi che il settore sta attraversando, ma anche limiti strutturali italiani, come dimostra il rapporto presentato ieri da AlixPartners per Anfia. Rispetto agli altri paesi europei, l’Italia si posiziona meglio in termini di produttività ma sconta un gap sulle principali voci di costo: dal lavoro all’energia fino alla logistica. In particolare, rispetto alla Spagna – che ieri ha incassato l’impegno di Stellantis e Catl a realizzare una gigafactory da 4,1 miliardi, mentre su Termoli non ci sono ancora conferme – in Italia il lavoro costa il 15 per cento in più e l’energia il 30 per cento in più.


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