I 12 miliardi per il Ponte, i 7,5 per le strade. Due grossi rilanci di Salvini

Giorgio Santilli

La rete stradale va potenziata e completata per non farsi dire dalle opposizioni che il Ponte è una cattedrale nel deserto; dall’altra, tanta generosità ripaga la Calabria del sacrificio richiesto con la legge di bilancio sui fondi di coesione e facilita la prossima discussione sul progetto esecutivo del Ponte

Giovedì 15 febbraio è il giorno del colpo di pistola che darà il via ai termini per la corsa alla nuova edizione del Ponte sullo Stretto. Il cda della società Stretto di Messina, concessionaria pubblica del Ponte, approverà la relazione di aggiornamento del progetto definitivo dell’infrastruttura, confermando le previsioni di una crescita del costo da 8,5 miliardi a 12 miliardi, dovuta soprattutto all’adeguamento del costo dei materiali, a quasi tredici anni dalla precedente versione del luglio 2011. 

    
Poche e marginali le modifiche tecniche al progetto che resterà quello a campata unica con le due torri: le integrazioni riguarderanno l’adeguamento alle nuove normative, per esempio su antincendio e sicurezza del trasporto ferroviario, le opere compensative, qualche aggiustamento di raccordi sul territorio. La relazione progettuale sarà inviata al ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che porterà al Cipess (comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) il documento comprendente anche il cronoprogramma e il piano finanziario, consentendo all’opera di completare la valutazione di impatto ambientale (che non si è mai pronunciata in via definitiva), la conferenza di servizi (che aveva approvato il progetto), il parere dei Beni culturali (positivo, ora da integrare). L’approvazione del Cipess, attesa per maggio, farà ripartire anche i pagamenti ai progettisti e al consorzio appaltatore Eurolink, guidato da Webuild, che in questi mesi si è accontentato – si fa per dire – di rimettere in carreggiata l’opera e ha lavorato senza compensi aggiuntivi per l’adeguamento progettuale, come previsto dal decreto legge 35. L’adeguamento del prezzo totale dovrà bastare, anche per evitare di far salire i costi aggiuntivi oltre quel 50% che automaticamente porterebbe all’obbligo di rifare la gara. La prima pietra è prevista per luglio, ma saranno avviate solo la bonifica degli ordigni bellici e la realizzazione delle casette per gli operai. Il “cuore” del Ponte partirà nel 2025, in attesa che il progetto esecutivo sia completato e approvato.

   
Alla finestra, in questa fase, le due Regioni Sicilia e Calabria, che mantengono un atteggiamento favorevole all’opera, ma anche molto vigile sugli aspetti finanziari e sugli impatti territoriali. La polemica del presidente siciliano Renato Schifani, in occasione della legge di bilancio 2024, contro i ministri Fitto e Giorgetti sull’utilizzo di una quota dei Fondi sviluppo coesione (Fsc) della Regione Sicilia – un tesoretto da 6,5 miliardi – per finanziare l’opera racconta tutto di questo atteggiamento guardingo dei due Governatori che chiedono di utilizzare altri fondi nazionali e gli stessi fondi Fsc per dar vita a un complessivo riassetto di strade e ferrovie nelle due regioni. Se alla luce del sole c’è entusiasmo per l’opera, sotto traccia la trattativa sarà su ogni centimetro di territorio per fare del Ponte una leva di miglioramento generale della mobilità regionale.

 
Ne arriva conferma da una sorprendente mossa di Salvini che ha messo a punto un aggiornamento del piano stradale nazionale, 65 interventi Anas per 7,6 miliardi, divisi fra nuove opere e manutenzioni straordinarie e nella ripartizione regionale del piano ha destinato quasi metà delle risorse (3,5 miliardi) alla Calabria. La seconda regione in termini di incassi è il Lazio che prende 759 milioni mentre l’ultima, la Val d’Aosta, ne incassa 14 (l’elenco completo su diarionuoviappalti.it). Anche questa decisione deve passare al Cipess e non farà contente le altre regioni: tanto squilibrio – a ridosso delle elezioni europee – fa pensare a un forcing elettorale della Lega al Sud ma si giustifica in realtà solo in chiave pro-ponte: da una parte, la rete stradale va potenziata e completata per non farsi dire dalle opposizioni che il Ponte è una cattedrale nel deserto; dall’altra, tanta generosità ripaga la Calabria del sacrificio richiesto con la legge di bilancio sui fondi di coesione e facilita la prossima discussione sul come, dove, quando e quanto del progetto esecutivo del Ponte. 

  
I 3,5 miliardi vanno a opere come la SS 106 Jonica, la A2 Salerno-Reggio Calabria e il completamento delle strade di accesso al porto di Gioia Tauro. Opere strategiche da anni, intrecciate con Pnrr e Piano complementare nazionale, che soddisferanno i fautori del riequilibrio infrastrutturale nord-sud, ma forse accentueranno le critiche fatte al ministro sulla legge di bilancio 2024 (per esempio dai costruttori dell’Ance) di accentrare tutte le risorse disponibili nell’operazione Ponte e nelle zone limitrofe. 
 

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