Il costo della burocrazia che appesantisce l'Europa

Luciano Capone

Ursula von der Leyen ha affidato a Draghi un report per rilanciare la competitività in Ue. Uno dei fattori è la regolamentazione che ostacola gli investimenti e brucia ogni anno 154 miliardi di dollari (in soli 7 paesi). Per l'Italia vuol dire -0,8% del pil 

Negli anni dopo il Covid, colpita da choc diversi e ripetuti, l’Europa ha pensato di uscire dalla sua policrisi a colpi di spesa pubblica. O con deroghe agli aiuti di stato, autorizzando cioè enormi piani di sussidi nazionali, oppure con piani di investimento comunitari come il Green Deal o il Next Generation Eu. Ma i problemi del Vecchio continente sono, in una certa misura, più antichi e più profondi delle crisi recenti.

 

L’economia europea, ricorda il Financial Times, è ora il 65 per cento di quella statunitense: dieci anni fa era pari al 91 per cento. Il pil pro capite negli Stati Uniti è oltre il doppio di quello europeo e il divario si allarga. Per questa ragione, un paio di mesi fa, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha affidato a Mario Draghi la realizzazione di un report sulla competitività dell’Europa.

 

Ma i problemi dell’Europa, dall’inflazione alla transizione energetica, passando per la produttività e l’innovazione tecnologica, non possono essere risolti semplicemente a suon di miliardi pubblici. Negli ultimi decenni l’Unione europea ha perso diversi treni, non è riuscita a far nascere e crescere grandi piattaforme come gli Stati Uniti o la Cina. Non ha prodotto grandi compagnie tecnologiche ed è indietro rispetto alla frontiera dell’innovazione, in settori strategici come l’industria dei microchip o l’intelligenza artificiale. E questa difficoltà a stare al passo con i tempi non è dovuta alla carenza di risorse, ma a un ambiente che spesso ostacola gli investimenti ed è ostile all’innovazione. In una parola, burocrazia.

 

È un problema serio che brucia opportunità di crescita sia per le grandi sia per le piccole imprese, sottolineato nel discorso sullo stato dell’Unione da Von der Leyen, che si è impegnata per ogni nuova legge a effettuare “un controllo della competitività  a opera di un comitato indipendente” con l’obiettivo di “ridurre del 25 per cento  gli obblighi di comunicazione a livello europeo”. Un lavoro che dovrebbe essere effettuato anche a livello nazionale. “È giunto il momento di agevolare le imprese in Europa!”.

 

In attesa dei provvedimenti europei e del rapporto sulla competitività di Draghi, che sta lavorando con alcuni tra i migliori economisti globali per elaborare qualche proposta, è già possibile quantificare il costo economico della burocrazia. O quantomeno avere un’idea dell’ordine di grandezza: 154 miliardi di dollari all’anno. È la stima di uno studio degli economisti Bruno Pellegrino (Columbia University) e Geoff Zheng (New York University), limitatamente a sette paesi europei: Francia, Italia, Spagna, Germania, Ungheria, Austria e Regno Unito (che non è più nell’Ue). È il prezzo della regolamentazione che distorce gli investimenti delle imprese e riduce il pil, da un lato perché agisce come una “tassa ombra” imponendo oneri aggiuntivi sulle imprese che vogliono incrementare la propria attività e dall’altro perché la burocrazia, non essendo omogenea, fa allocare in maniera distorta i fattori produttivi riducendo la produttività complessiva dell’economia.

 

Per misurare il costo di questa tassa occulta, Pellegrino e Zheng usano un metodo originale che consiste nel combinare dati qualitativi, come i sondaggi ai manager delle imprese a cui vengono chiesti quali sono i fattori che impediscono la crescita della loro azienda, e dati quantitativi presenti nei bilanci delle imprese. La stima complessiva del costo economico della burocrazia è, come detto, pari a 154 miliardi di dollari ogni anno. Ma questa “tassa ombra” è molto eterogenea a livello nazionale: si va dal -3,9 per cento della Francia (il dato più elevato) al -0,10 per cento di Regno Unito e Austria (i dati più bassi).

 

L’Italia viene subito dopo la Francia, è il secondo paese con un costo del -0,8 per cento del pil. Può sembrare un dato trascurabile, ma di un dato pari alla crescita economica italiana nel 2023 e alla stima dell’effetto sul pil del Pnrr. Sburocratizzare ed efficientare la Pubblica amministrazione è per il governo Meloni una riforma a costo zero può avere lo stesso impatto di centinaia di miliardi di spesa pubblica. 

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali