Foto Ansa

la proposta

Per risolvere il problema del caro affitti la soluzione è più autonomia ai comuni

Marco Leonardi

Bisogna rendere la locazione a lungo termine più conveniente: la via può essere leggi più efficaci sugli sfratti e libertà di intervento per le amministrazioni locali

La gentrificazione dei centri urbani ha importanti conseguenze: quando le persone ad alto reddito si trasferiscono in un quartiere, i servizi locali si adattano ai loro gusti e budget in un circolo virtuoso che attrae famiglie a reddito sempre più elevato e aumenta il prezzo delle case. La gentrificazione rafforza la disuguaglianza presente ma anche quella futura: chi può stabilirsi nelle aree con maggiori opportunità, avrà figli con maggiori probabilità di essere ricchi in futuro. La riduzione della mobilità intergenerazionale dovuta a questo fenomeno ha certamente contribuito alla forte crescita della disparità di reddito nei passati 50 anni negli Stati Uniti. Fin qui la teoria: l’aumento della domanda che ha caratterizzato molte città e il conseguente aumento dei prezzi delle case quanto più ci sono dei limiti naturali o “politici” alle nuove costruzioni. Tutto sommato niente di strano, anzi l’aumento della domanda per alcune nostre città è un fatto positivo. Ma da noi c’è un elemento in più che non abbiamo visto arrivare. Airbnb è un fenomeno ormai vecchio di 10 anni ma fino a 2 anni fa chi voleva guadagnare con gli affitti brevi sostanzialmente doveva organizzarsi da solo: registrazione della casa presso il comune, l’annuncio online, accoglienza e documenti degli ospiti da comunicare alle autorità, pulizie e tasse. Fino a poco tempo fa non era un problema: i proprietari di casa con il tempo e la voglia di fare da soli sono un numero limitato. Ma da 2 anni a questa parte sono sorte centinaia di piccole società che tu gli dai le chiavi di casa e ti fanno tutto loro: ti arriva un bonifico mensile netto di tutto. Un servizio assolutamente meritorio e utile, un nuovo business che merita tutto il successo che ha avuto. Il punto però è che nessuno ha capito la portata dirompente, non di Airbnb, ma di queste società che gestiscono tutto per conto del proprietario. L’effetto è che chiunque abbia una casa da affittare (al netto di tutto, commissioni, tasse, etc) ha un vantaggio del +50-100% ad affittarla a breve termine piuttosto che con un contratto di affitto standard. E questo è vero nei centri storici ma è vero anche nella seconda cerchia fin quasi alla periferia di città piccole come Milano, Firenze, Venezia, Bologna dove i tassi di occupazione dei turisti sono comunque tali da rendere conveniente l’affitto breve rispetto all’affitto standard 4+4 anni. Che per di più è sempre esposto al rischio di lunghe procedure di sfratto (la politica di favore per gli inquilini morosi è sicuramente una causa del cul de sac in cui ci siamo infilati). Poco male dirà qualcuno, il mercato vuole così. Basta sapere però che questa apparente piccola cosa (la mancanza di affitti lunghi) potenzialmente sconvolgerà il modello di sviluppo delle nostre maggiori città italiane. Basta pensare che il 50% dei residenti a Milano 10 anni fa non lo sono più oggi, nonostante la popolazione totale sia stabile. Sono venuti a lavorare o studiare temporaneamente, sono stati in affitto e poi sono andati via. Forse con numeri poco minori lo stesso modello vale per Bologna e Firenze che sono città universitarie (Firenze è arrivata a bloccare tutti i nuovi affitti brevi, con tutti i problemi di equità e legittimità che può dare una simile norma). Se studenti e lavoratori temporanei non trovano casa da affittare, forse andranno nelle periferie o nelle città vicine e faranno i pendolari, o forse non verranno più. O probabilmente lo faranno solo i figli di quelli molto ricchi che possono pagarsi una casa. Ogni paese ha un suo modello di sviluppo che può piacere o meno, lo puoi voler cambiare, ma il cambiamento lo devi controllare, non lo puoi subire. L’Italia è costruita su un modello che vede il 30% dei giovani del sud venire a studiare nelle università del nord e alimentare il mercato del lavoro. Se questo modello cambia ci sarà sicuramente qualcuno più contento (le università del sud) ma dubito che un cambiamento non voluto e non controllato possa avere degli effetti positivi, anzi forse molto negativi. Che fare allora? Costruire di più è possibile, e in qualche caso lo si fa, ma questo non risolve il problema degli affitti. Il problema è che a parità di domanda, a queste condizioni, si ridurrà ulteriormente il numero di case in affitto standard non appena i vecchi contratti di affitto scadono e i proprietari di casa vengono a sapere del maggiore rendimento degli affitti brevi. Bisogna rendere l’affitto lungo più conveniente, tanto più che non ha un’alternativa mentre l’affitto breve ha l’alternativa degli hotel a basso prezzo. Con leggi più efficaci sugli sfratti e magari lasciando autonomia ai comuni di ricavare dalle tasse sugli affitti quel che gli serve per fare politiche urbane. Non serve una legge uguale per tutti, pensate come è diverso il caso di Milano e delle Cinque Terre. Mentre l’autonomia regionale è in seria crisi, questa è un’autonomia che davvero serve. 

Di più su questi argomenti: