Opposizione senza benzina

Luciano Capone

Fare il watchdog delle incoerenze di Meloni è un mestiere pericoloso. Il paradosso è che sulle accise i partiti di opposizione attaccano il governo perché sta tradendo le sue promesse per realizzare il programma delle sinistre

La guerra delle accise rappresenta i paradossi della politica italiana. Il governo ha preso una scelta impopolare ma giusta, in linea con tutte le raccomandazioni della Commissione europea, del Fondo monetario internazionale e della Bce, che suggeriscono di eliminare progressivamente i sussidi generalizzati contro il caro energia per andare verso aiuti più selettivi e mirati alle fasce più deboli. È la stessa linea adottata, tra i tanti, in Spagna dal governo socialista di Pedro Sánchez, che ha eliminato lo sconto di 20 centesimi al litro sui carburanti.

 

Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti, quindi, hanno fatto bene a eliminare un sussidio molto costoso (circa 1 miliardo al mese), che avvantaggia prevalentemente i più ricchi (come segnala l’Upb) e soprattutto in una fase di continua discesa dei carburanti che ora, con le accise piene, costano meno di quando in estate vigeva lo sconto da 30 centesimi deciso dal governo Draghi. Solo che la destra è assalita dai fantasmi della propria propaganda di quando era all’opposizione e, invece di motivare razionalmente la decisione con gli ottimi argomenti a disposizione, ha iniziato ad additare gli “speculatori” facendo arrabbiare i benzinai e finendo con il doversi smentire.

 

Ma l’opposizione non sta tanto meglio. Tutte le forze di minoranza, dal Pd al M5s passando per l’alleanza Verdi-Sinistra e il terzo polo Azione-Iv, hanno attaccato il governo per il mancato rinnovo del taglio delle accise. E nella critica hanno usato due argomenti: il primo, legittimo da far osservare, è l’incoerenza della Meloni e del centrodestra rispetto alle promesse elettorali; il secondo, invece, è che era giusto prorogare lo sconto per contrastare l’inflazione. La cosa surreale, però, è che tutti i partiti di opposizione – o almeno Pd, M5s e Verdi-Sinistra – hanno nel loro programma elettorale la riduzione e la progressiva abolizione dei “sussidi fossili”, ovvero dei cosiddetti “sussidi ambientalmente dannosi”. Ora si dà il caso che la riduzione delle accise sia, esattamente, un sussidio ambientalmente dannoso.

 

Pertanto il paradosso è che, su questo punto, Giorgia Meloni sta tradendo le sue promesse per realizzare il programma elettorale delle opposizioni. Mentre le minoranza attaccano il governo perché non sta realizzando il programma che aveva promesso, quello che secondo ciò che denunciavano le opposizioni in campagna elettorale avrebbe sfasciato i conti pubblici e portato il paese alla rovina. Proprio perché sia il governo sia l’opposizione dicono continuamente che la situazione è seria, sarebbe il caso che entrambi un po’ di serietà iniziassero a praticarla anziché limitarsi a predicarla.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali