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Gas e Inverno

Il prezzo del gas ai livelli di un anno fa: inverno mite e consumi bassi aiutano l'Ue  

Simona Benedettini e Carlo Stagnaro

Il Generale sta voltando le spalle a Putin: l’indice Ttf è sceso sotto la soglia psicologica dei 100 euro/MWh. Il motivo è in larga parte legato alla domanda, con industria e famiglie che consumano meno per via dei prezzi e delle temperature. Ma serve ancora prudenza prima di cantare vittoria 

Il Generale Inverno ha consentito alla Russia di respingere le truppe napoleoniche e quelle naziste, ma non sta aiutando Vladimir Putin a vincere la guerra del gas. Proprio in questi giorni, l’indice Ttf è sceso sotto la soglia psicologica dei 100 euro/MWh, tornando ai livelli della primavera scorsa. Si tratta, per la verità, di un fenomeno che trascende i confini europei, visto che anche i principali indici internazionali – come l’asiatico Jkm – sono in calo. La causa di questo fenomeno va cercata in larghissima parte dal lato della domanda. 

Nei primi undici mesi dell’anno, il fabbisogno europeo di gas è sceso dell’11 per cento rispetto alla media del triennio 2019-21. Questo dato riflette storie molto diverse tra di loro. I consumi per la generazione elettrica sono rimasti grossomodo costanti, mentre il calo è imputabile all’industria e alle famiglie, in flessione del 15 per cento. L’industria consuma meno perché, a questi prezzi, l’incentivo a diventare più efficienti (o a rallentare o sospendere le attività) è fortissimo. Inoltre, le temperature eccezionalmente alte riducono l’esigenza di riscaldare gli stabilimenti. Come ha notato il meteorologo del Cnr Giulio Betti su Twitter, il mese di novembre è stato il quinto più caldo da quando in Europa registriamo le temperature medie, l’autunno è stato il terzo più caldo di sempre, e anche dicembre è destinato a entrare nei record. Ed è proprio questa la causa del crollo dei consumi delle famiglie.

Quali sono le implicazioni? La riduzione della domanda ci ha consentito di fare un utilizzo estremamente cauto degli stoccaggi, il cui livello di riempimento ancora si aggira attorno al 90 per cento (l’anno scorso di questi tempi eravamo di poco sopra al 60 per cento). Se le cose dovessero proseguire così, potremo soddisfare ampiamente il target europeo di arrivare a maggio con gli stoccaggi pieni ancora almeno al 36 per cento. Tenendo conto di dove siamo oggi, anche un inverno rigido sarebbe compatibile con tale obiettivo, seppure con qualche sacrificio in più. Difendere il “magazzino” dovrebbe essere una priorità visto che, l’anno prossimo, ricostituire le scorte sarà molto più difficile che nel 2022.

Quest’anno, infatti, non abbiamo avuto grandi problemi a reperire i volumi necessari, sebbene a carissimo prezzo (è essenzialmente questo il motivo per cui ad agosto il Ttf ha raggiunto il record di 350 euro/MWh). A differenza di allora, i flussi in arrivo dalla Russia sono però ridotti a un rivolo, che potrebbe ulteriormente prosciugarsi. Quindi, è assolutamente necessario avviare il prima possibile la stagione dell’iniezione (che nel 2022 è partita un po’ in ritardo, anche per l’ovvia difficoltà a razionalizzare gli accadimenti successivi all’invasione dell’Ucraina). Ed è bene poter contare su un cuscinetto di capacità ancora piena, in modo da dover reperire minori quantitativi sul mercato. 

Stando così le cose, sono essenzialmente due i profili di rischio che la presidente Giorgia Meloni e il ministro Gilberto Pichetto Fratin dovranno tenere sotto controllo. In primo luogo, ovviamente, l’andamento del meteo: se vi fosse, all’inizio del 2023, una recrudescenza di freddo, il paese potrebbe trovarsi costretto a consumare parte delle risorse che finora non sono state impiegate. Le ultime settimane della stagione fredda sono sempre quelle più critiche, quindi, per quanto i dati oggi siano incoraggianti, è ancora presto per cantar vittoria. Secondariamente, la domanda cinese: se, infatti, oggi i mercati globali del Gnl appaiono tranquilli è essenzialmente perché Pechino ne ha consumato il 20 per cento in meno rispetto a un anno normale, a causa delle restrizioni pandemiche. Quando l’economia cinese si rimetterà in moto, gli equilibri potrebbero cambiare. Per queste ragioni è ancora più importante insistere con la diversificazione degli approvvigionamenti, le politiche di risparmio e le infrastrutture a tal fine necessarie: rigassificatori, trivelle, rinnovabili, ed efficienza energetica rimangono i pilastri inevitabili di una politica energetica razionale.

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