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Più obiettivi mirati, meno pensioni: l'agenda che serve ai sindacati

Dario Di Vico

I rappresentanti delle sigle sindacali sono stati convocati a Palazzo Chigi. Perché non possono permettersi il lusso di fare il solito elenco della spesa che nasconde l’incapacità di scegliere e dovrebbero mettere in discussione la centralità del tema delle pensioni

I sindacati confederali si trovano davanti alla prima scelta della nuova legislatura. Il presidente Giorgia Meloni li ha convocati per oggi pomeriggio sorpassando di botto la responsabile del dicastero del Lavoro, Maria Elvira Calderone, che aveva riunito venerdì scorso le parti sociali collezionando la presenza di 39 sigle. E’ probabile che la convocazione alla fine si riveli solo una seduta d’ascolto e non ci sarebbe niente di male, ma è chiaro che i segretari delle tre confederazioni dovranno (o dovrebbero) elaborare uno schema di priorità, non possono permettersi il lusso di fare il solito elenco della spesa che nasconde l’incapacità di scegliere e fotografa alla perfezione questa stanca stagione del sindacalismo italiano. Con una battuta potremmo dire che dovrebbero far loro “il metodo Stirpe”, ovvero ascoltare il consiglio del vicepresidente di Confindustria che dopo l’inutile incontro delle 39 sigle ha invitato sia i sindacati sia la sua organizzazione a selezionare gli obiettivi e a condividerli. Con lo scopo di aumentare le chance di farcela e non tarparsi le ali da soli. Del resto laddove, nel settore meccanico, imprese e sindacati hanno ormai una piccola tradizione di condivisione degli obiettivi i risultati sono sicuramente apprezzabili e hanno permesso, solo limitandosi agli ultimi tempi, di affrontare nel contratto nazionale di lavoro la delicata questione degli inquadramenti professionali del 4.0 e in materia di politica industriale di mettere giù una piattaforma comune per gestire la transizione all’auto elettrica senza lasciare sul campo decine di migliaia di vittime.

 

Ma selezionare gli obiettivi per Landini, Sbarra e Bombardieri vuol dire mettere in discussione la centralità del tema pensioni nella loro agenda. Esiste chiaramente la necessità di individuare per tempo correttivi alla legge Fornero ma lo si può fare attingendo agli appunti lasciati da Mario Draghi e da una serie di interventi chirurgici suggeriti dai tecnici dell’amministrazione. Se invece i tre big di Cgil-Cisl-Uil vorranno in tutto e per tutto assecondare la propria base di pensionati, il rischio di ingessare da subito il confronto e di rimanere con un pugno di mosche in mano è rilevante. Pur senza evocare roboanti patti sociali, il dialogo con il governo nella nuova legislatura dovrebbe guardare al futuro e quindi all’incrocio tra le politiche del lavoro e le due grandi transizioni che il Pnrr invita a gestire finanziando gli investimenti più urgenti.

 

In questa fase per ottenere dei risultati bisogna che parti sociali e governo vogliano le stesse cose, altrimenti tutto si risolverà con la solita Babele delle interviste e delle dichiarazioni puntute. Poi più avanti si potrà essere più ambiziosi e ragionare su quale spazio sociale organizzato possa essere costruito nell’Italia degli anni Venti ma nel frattempo avremo capito meglio quale indirizzo avrà preso la stagione politica di Giorgia Meloni. Se penderà dalla parte della copertura delle istanze delle piccole constituency del centro-destra – come i primi provvedimenti salvinofili lasciano pensare – o se si doterà del respiro necessario per elaborare politiche pattizie. Che comunque non potranno attingere alla tradizione (non solo perché appartiene al campo avverso) ma anche in questo caso dovranno guardare avanti e tenere dentro anche lavoro autonomo e terzo settore.

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