Foto di Alessandro Bremec, via LaPresse 

nuovi inizi

Fabio Fazio come Willy Wonka: “Il cioccolato sarà il nostro racconto”

Marco Archetti

Il conduttore tv compra l’azienda da cui si riforniva la nonna. "A giugno il mio socio mi dice che la Lavoratti avrebbe chiuso. Allora gli ho detto: e se la prendessimo noi? E lui, anziché darmi del pazzo, ha preso un appuntamento" 

"Il cioccolato come una linea editoriale. Sarà il nostro racconto”. E dunque willywonkeggiamo, anzi, meglio, charliebucketiamo pure: perché a rigor letterario Willy Wonka è il proprietario che abdica, mentre è Charlie Bucket il bambino che diventerà il nuovo proprietario della fabbrica di cioccolato, rilevandola dopo aver sbaragliato quattro smaniosi coetanei tra cui, a voler guardare, c’era perfino un certo “Mike Tivù”, un ragazzino che si metterà fuori gioco da sé quando deciderà di essere teletrasmesso, ma a questo punto è meglio smettere ogni rigore filologico o si rischia di andare fuori strada anche se – perfide, certe coincidenze – sembrerebbe di restarci.

Qui la storia vera comincia con: “C’era una volta un piccolo laboratorio di cioccolato molto significativo per i bambini cresciuti a Varazze”. E se a Varazze, riviera di Ponente, non è ambientata nessuna favola ma si trovano i luoghi natali della nonna e di suo padre, ecco che ci pensa Fabio Fazioquello teletrasmesso, ex bambino, mangiatore di uova pasquali e ultimo romantico – a metter su una cosa che alle favole somiglia. “Un’oasi di pace, una seconda chance. È proprio un’altra vita: parliamo dalla mattina alla sera di quali pistacchi, di quale nocciola, di quale frutta da essiccare…”.

 

Ma com’è cominciato tutto? “Dunque, io sono un emotivo, un impulsivo. È accaduto dopo il lockdown. A giugno, per l’estate, torno in Liguria e il mio socio mi dice che l’azienda Lavoratti avrebbe chiuso. Io sono sbottato: ma no, un’altra cosa che chiude! Non so, ma era come se mi avessero chiuso il cinema sotto casa, o la giostra dell’infanzia. Allora gli ho detto: e se la prendessimo noi? E lui, anziché darmi del pazzo, ha preso un appuntamento. Così siamo andati. E ora eccoci qua”. E con la voce che sorride: “…è anche un’operazione proustiana, eh, me ne rendo conto”.

 

In che senso? “Nel senso che era la cioccolata che ci regalava mia nonna. Poi senti, tutto bellissimo, ma ci siamo cacciati anche in un bel guaio, perché mica lo sapevamo, noi, come si facesse la cioccolata. Ci abbiamo messo due anni per arrivare al meglio. E ci siamo rivolti a un po’ di amici, il primo è stato Massimo Bottura. Gli ho chiesto: chi è il migliore su piazza? E lui, senza pensarci un attimo: Corrado Assenza, maestro del Caffé Sicilia di Noto. Gli abbiamo dato retta: sarà lui a firmare le nostre ricette. I nostri obiettivi sono la ricerca della qualità e la voglia di raccontare una storia, quella del Mediterraneo”.

Fa effetto sentire Fabio Fazio che non si tiene e che quasi non prende fiato, gremito fino all’orlo di entusiasmi geopasticceri mentre dice frasi del tipo “noi siamo imbattibili sui ripieni” per poi farsi più tecnico, più specifico. “Il cioccolato viene dall’Ecuador”, precisa, “e ha ricevuto premi di eccellenza. Ovviamente facciamo tutto noi, compreso essiccare la frutta. Lavoriamo con piccoli produttori, facciamo cose che nessuno fa più”.

 

Lavoratti è un’azienda che esiste dal 1938. E basta una scorsa in rete: un logo con un font a metà tra un sogno d’altri tempi e il tratto preciso di un bambino che ha vinto un concorso mondiale di corsivo, con quella L che si arricciola garbatamente. E un motto: “Il cioccolato è perfetto, investe tutti e cinque i sensi per crearne un sesto: la memoria”. Ancora Proust, e poi, volendo, anche Tommaso Landolfi – oh, cioccolata, compendio onirico, eco di sconosciute perfezioni, risarcimento della vita. “Il tempo e la cioccolata sono gli unici rimedi contro le paturnie del cuore umano”, scriveva.

 

“Ed è anche una macchina del tempo”, fa di rimando Fabio Fazio, a sottolineare, col suo elogio, la potenza quasi magica, fino a quel Padre Nicanor – “pelle triste e faccia da angelo vecchio” – che in Cent’anni di solitudine levitava, stimolato proprio dalla cioccolata. Facile sbandare in poesia, a parlar di cioccolato. Facile esagerare, proprio come i bambini. “Però facci caso: se parli di cioccolato, tutti sorridono”. E lo dice così, come un vissero felici e contenti.

Di più su questi argomenti: